Nella crisi in atto «siamo in terra incognita». In sostanza, tutti sanno che occorre «andare avanti», ma individuare la giusta rotta è tutt'altro che semplice. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in ogni caso assicura: «Facciamo tutto il possibile per non lasciare indietro nessuno».
Poco prima di volare a Londra, dove questa sera incontrerà il premier inglese Gordon Brown, Tremonti è intervenuto a un convegno sul tema "Terra e persona", e ha rilanciato la sua tesi sull'origine della crisi, che non solo è «globale nell'impatto ma nella causa». La globalizzazione senza regole, «fatta troppo in fretta», ha determinato il terremoto finanziario trasferitosi poi a macchia d'olio all'economia reale. La crisi finirà, come tutte le crisi, e si scoprirà che il mondo avrà una dimensione «meno surreale e più reale, meno finanziaria e più materiale».
Difficile negare l'ampiezza della crisi, come del resto evidenziano tutte le stime e analisi. Tremonti invita a non considerare la particolare congiuntura che sta vivendo l'economia globale come «la fine del mondo. È la fine di un mondo dominato dalla falsificazione dei bilanci e dalla ricchezza producibile a debito». Quando la tempesta sarà trascorsa, si aprirà una nuova fase, caratterizzata dal «radicamento con le cose della vita, con la terra, l'agricoltura, la manifattura». Tornare in sostanza ai principi cardine dell'economia di mercato, capitale e lavoro: un processo lungo, probabilmente, ma quel che appare chiaro è che l'intensità della crisi in atto non potrà che imporre una revisione radicale del modello di capitalismo globalizzato basato esclusivamente sui facili guadagni propiziati da una finanza intossicata e senza regole.