«Silvio Berlusconi al Quirinale? Certamente, oggi, ha un consenso personale e popolare che rende questa ipotesi qualcosa di non stravagante». In una lunga intervista allo spagnolo El Pais il presidente della Camera Gianfranco Fini rompe il tabù e lancia il Cavaliere per la carica più alta dello Stato. Non è uno sgarbo a Giorgio Napolitano, come subito puntualizza il reggente di An Ignazio La Russa («Napolitano è in carica fino al 2013 e fino ad allora è il nostro presidente», dice interpretando certamente il pensiero del presidente della Camera). Ma insomma il sasso è lanciato.
Quanto al suo futuro, Fini si schermisce: «Non sono il delfino di Berlusconi - risponde quello che lo stesso El Pais definisce "uomo laico, istituzionale, antitetico delfino di Berlusconi" -. Io sono repubblicano e Berlusconi non è un re con un erede. La politica è un'altra cosa. I leader si affermano se hanno la capacità e se ci sono le condizioni e questo non devo deciderlo io». Da uomo delle istituzioni Fini ragiona dunque per grandi quadri, e il quadro che vede per la politica italiana è ancora quello di un «sistema bipolare di due grandi blocchi». Sistema che sta in piedi «solo se il governo è forte e l'opposizione pure». Da qui i riconoscimenti a Walter Veltroni («ha salvato il Pd, senza di lui le elezioni sarebbero andate molto peggio).
Bisogna dare al governo la possibilità di decidere con rapidità e al presidente del Consiglio più poteri, come ad esempio quello di destituire un ministro. Di contro, al Parlamento vanno riconosciuti più poteri di controllo. E poi occorre creare un Senato regionale «o autonomico, come quello spagnolo o tedesco». Queste le riforme necessarie per Fini. Più che un sistema presidenziale alla francese, pure caro al presidente della Camera, ne emerge una sorta di premierato soft come quello già previsto dalla bipartisan "bozza Violante".
Quanto al suo futuro personale, è sempre La Russa a dire che «in questo momento vedo bene per Fini un incarico europeo come ministro degli Esteri». Ma forse è lo stesso El Pais a indovinare meglio le ambizioni a lungo termine dell'interessato, laddove lo descrive come «il politico più equilibrato di questa emotiva e agitata terza Repubblica italiana il cui futuro ha un solo obiettivo: essere il prossimo primo ministro». Certo, con Berlusconi al Colle per Fini è più semplice.