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Franceschini, l'attacco al premier e lo "stand-by"sulle riforme

di Emilia Patta

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12 marzo 2009

«Ci sono segnali sufficienti per capire che Berlusconi metterà in campo un disegno di riprogettazione istituzionale, di svuotamento della Costituzione e del Parlamento in chiave decisionista». E ancora: «Berlusconi non vuole vincere, ma stravincere. E se stravince alle europee, quello che potrà fare dal giorno dopo è inimmaginabile».

Addirittura danni inimmaginabili. Chiara la strategia di del leader del Pd Dario Franceschini: mobilitare l'elettorato tradizionale della sinistra attorno a due grandi temi. Da una parte le tutele sociali in tempo di crisi economica (l'altroieri l'assegno di disoccupazione esteso a tutti coloro che perdono il lavoro, ieri il prelievo fiscale una tantum dai redditi alti per sostenere le famiglie più indigenti). Dall'altra l'ormai antico richiamo al pericolo per la democrazia rappresentato da un Berlusconi decisionista e senza contrappesi.

Se questa strategia funzionerà nel mobilitare al voto l'elettorato deluso del Pd e nell'arginare la fuga a sinistra o nell'Idv di Antonio Di Pietro si vedrà il giorno dopo le elezioni europee. Un 25% potrebbe essere a questo punto una buona tenuta, di più una mezza vittoria. Per l'intanto la strategia di Franceschini ha l'effetto di mettere in stand-by il tema delle riforme.

Proprio nelle ore in cui il premier Silvio Berlusconi si affida al presidente della Camera Gianfranco Fini per trovare un accordo sui regolamenti parlamentari in modo da velocizzare l'iter delle leggi, il Pd mette infatti le mani avanti. «Le boutade del presidente Berlusconi, che vorrebbe far votare in Parlamento solo i capigruppo, rischiano di frapporre macigni pesantissimi sul lavoro di modifica dei regolamenti parlamentari sui cui, oggi, maggioranza e opposizione dovrebbero saper ragionare insieme», dice il vicepresidente dei senatori del Pd Luigi Zanda. Firmatario, insieme ad Anna Finocchiaro, di una proposta di modifica dei regolamenti molto simile a quella già depositata dal Pdl: iter veloce per le leggi del governo (60 giorni, come per i decreti) in cambio di garanzie e tempi certi per le proposte dell'opposizione. Ma certo, «per andare avanti bene e speditamente su questo confronto è però necessario uno spirito costruttivo e democratico. Soprattutto da parte della maggioranza».

Diverso il discorso per il federalismo fiscale: qui il Pd dovrebbe confermare anche alla Camera l'astensione già concessa alla Lega in Senato. Le ragioni sono varie: non ultimo il pressing degli amministratori democratici del Nord, per niente disposti a farsi scippare un tema molto sentito dai cittadini in periodo di campagna elettorale. Per il dialogo sul resto bisognerà attendere, almeno, l'esito delle elezioni europee e amministrative.

12 marzo 2009
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