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Scajola, nucleare non solo con le centrali francesi

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11 marzo 2009

Il nuovo nucleare italiano? «Spazio per tutti» assicura il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola. I recenti accordi con la Francia (quello "politico" sull'impegno a favorire la cooperazione industriale e commerciale nell'energia, firmato direttamente da Berlusconi e Sarkozy, e quello industriale che prevede la costruzione comune di centrali nei due paesi siglato da Enel e Edf) coprirà da noi circa la metà - puntualizza Scajola in un'audizione parlamentare - del nucleare che il Governo vorrebbe fosse installato in Italia da qui al 2020.

La parte "italiana" dell'accordo industriale prevede la costruzione di quattro centrali con tecnologia francese Epr per un totale di 6.400 megawatt. Ovvero «circa la metà - spiega Scajola - della potenza presumibilmente necessaria a coprire con il nucleare il 25% dei consumi elettrici attesi nel 2020» nel nostro paese. E un quarto dei consumi elettrici da nucleare fanno, a quella data, «circa 13mila megawatt». È dunque «evidente che altri operatori e altre tecnologie avranno l'opportunità di partecipare, in una logica di libero mercato e senza imposizioni dirigiste» purché «si tratti di tecnologie efficienti, sicure e affidabili» puntualizza il ministro incoraggiando implicitamente la nostra Ansaldo a portare avanti, in parallelo, la collaborazione tecnologica e industriale sul principale reattore "concorrente" dell'Epr, l'americano Westinghouse Ap1000.

A spianare la strada al nuovo nucleare italiano saranno - ribadisce Scajola - i provvedimenti contenuti del ddl "sviluppo" approvato in prima lettura dalla Camera e ora al Senato. Standard tecnici, criteri per individuare i siti delle nostre centrali atomiche, procedure autorizzative, "compensazioni" locali, istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza, ridefinizione del ruolo di Enea (ricerca e promozione industriale) e Sogin (decommissioning delle vecchie strutture nucleari e gestione delle scorie): tutto è affidato al ddl. Al quale il ministro continua ad augurare un iter «celere». Che però celere non è. Dopo ripetuti rinvii l'ultimo segnale è per un definitivo slittamento delle votazioni sugli emendamenti (numerosissimi) a dopo Pasqua.

11 marzo 2009
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