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L'esperto: unica prevenzione gli interventi sulle strutture

di Sara Bianchi

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7 aprile 2009
VIDEO / LE SIMULAZIONI SULLA TAVOLA VIBRANTE
Vista frontale
Vista dall'alto

«Ogni anno in Italia si registrano 8mila scosse lievi, ma per fortuna non si riportano altrettanti movimenti tellurici potenti. Quindi anche nel caso di L'Aquila non si può dire che la frequenza dei leggeri sobbalzi delle scorse settimane fosse un segno premonitore». Gian Michele Calvi, presidente di Eucentre (il centro europeo di formazione e ricerca di ingegneria sismica di Pavia) ribadisce la linea già esplicitata dal capo della protezione civile, Guido Bertolaso, e da Enzo Boschi, direttore dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.

Esperti e rappresentanti dei principali enti preposti a intervenire in caso di terremoto lo hanno ripetuto più volte: eventi di questo tipo non sono prevedibili. Il fatto che negli ultimi mesi si siano registrate scosse di modesta entità non significa che poi arriveranno movimenti violenti.

Ma la presenza così consistente di radon, nella zona, segnalata da Giampaolo Giuliani, il ricercatore del laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso, come viene letta?
Sono tecniche che oggi non danno alcuna garanzia di prevediblità. Nessuno dice che non si possano usare il radon e altri fattori come segni precursori, ma oggi queste non sono nè strumentazioni nè tecniche scientificamente accettabili, che consentano di prevedere l'evento.
Calvi, membro della commissione grandi rischi della protezione civile, conferma che le repliche andranno avanti, probabilmente per mesi e ritiene improbabile l'eventualità di altre nuove forti scosse, ma non impossibile. Eucentre, fondazione che opera nel campo della ricerca della riduzione del rischio sisimico e della formazione, ha per obiettivi: la contrazione della vulnerabilità, lo sviluppo e la definizione di linee di azione pubblica nel settore, la formazione di operatori in ingegneria sismica.

Si occupa in particolare della progettazione di nuove strutture (guarda i video delle simulazioni frontale e dall'alto), compresa la valutazione e l'adeguamento dell' esistente, con stime svolte anche in situazioni di emergenza. Ed è questo quello che sta facendo in Abruzzo con un laboratorio mobile munito di particolari strumentazioni, come una termocamera che consente di verificare l'agibilità degli stabili ancora in piedi. Il calore emesso dai muri permette di capire se i cavi di cemento armato sono rimasti intatti. «La nostra squadra, composta da 9 tecnici, esamina la praticabilità di stabili primari, come l'Ospedale e la Prefettura, casi in cui è più urgente e più importante usare tecniche raffinate. Nelle altre situazioni, come per le normali abitazioni, ci sono squadre di tecnici che fanno valutazioni più semplici», racconta Calvi.

Il fatto che abbiano ceduto anche strutture considerate basilari in eventi di questo tipo, come la Prefettura e l'Ospedale ha sollevato numerose perplessità
La cosa è considerata piuttosto grave e non dovrebbe accadere, ma occorre distinguere tra una struttura che crolla e una che diventa inagibile. Solo in epoca recente, in Italia negli ultimi cinque anni, si è affermato chiaramente che un ospedale, dopo un evento sismico, è una struttura strategica. È per questo che non ci accontentiamo del fatto che non crolli ma richiediamo che sia in piena funzionalità. Prima di concludere che sia stato mal costruito, dobbiamo però ricordare che era figlio della sua epoca. Tutto questo, a mio avviso, dimostra che non si fa abbastanza prevenzione.

Prevezione significa concentrarsi sulla vulnerabilità delle strutture e quindi sulle tecniche di costruzione?
Sì, tecniche di costruzione o tecniche di intervento sulle strutture esistenti.

Su questo le ricerche effettuate dal vostro centro ha che punto sono arrivate?
L'edilizia esistente in Italia propone una grandissima variabilità di casi. E per questo siamo convinti che sia più importante lavorare sulla competenza dei tecnici piuttosto che direttamente sulle strutture. È difficile stabilire, per esempio, di adottare l'isolamento sismico o le fibre di carbonio. Sono strumenti che vanno valutati caso per caso. Ma il vero problema è che non si investe a sufficienza in formazione avanzata e continua. E putroppo spinte a ritardare l'applicazione di norme avanzate arrivano anche da settori delicati, situazioni in cui si preferisce lavorare in un contesto peggiore ma più stabilizzato nel tempo, con la difficoltà che comporta il non essere aggiornati.

7 aprile 2009
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