Oltre cento milioni di euro: a tanto ammonterebbe l'illecito profitto fruttato a quattro istituti di credito internazionali, Deutsche Bank, Depfa Bank, Jp Morgan e Ubs ai danni del Comune di Milano che nel 2005 ha stipulato con loro quattro contratti di derivati collegati a un bond a scadenza trentennale di 1,685 miliardi di euro.
Una presunta truffa che è costata - come anticipato dal Sole 24 Ore in edicola - alle quattro banche e a due ex funzionari dell'amministrazione (l'ex citymanager Giorgio Porta e Mauro Mauri) un sequestro conservativo di 476 milioni tra beni mobili, immobili, conti correnti e cespiti di varia natura, eseguito dai militari della Guardia di Finanza. Il guadagno occulto, contestato dal pm di Milano e riconosciuto dal gip, riguarderebbe l'incasso indebito da parte delle banche di 52,6 milioni di euro che, invece, avrebbero dovuto essere versati al Comune, nel rispetto previsto dai regolamenti comunitari in fatto di derivati (100 milioni, quindi, ottenuti illecitamente).
I magistrati contestano, a vario titolo, a 14 funzionari delle quattro banche internazionali di aver consapevolmente taciuto non soltanto su questi guadagni illeciti ma anche sulla reale convenienza dell'operazione di finanza derivata.
«I rappresentanti delle banche - ha ammesso il direttore centrale Finanza di Palazzo Marino, Angela Casiraghi in una deposizione - mi hanno sempre rappresentato ogni operazione come conveniente per il Comune, sottolineando sempre, ora me ne rendo conto, soltanto gli aspetti vantaggiosi di breve termine: hanno sempre affermato che il Comune, alla fine dei trent'anni, avrebbe comunque risparmiato. Non mi hanno mai prospettato un problema di mark to market negativo». Altro profilo di illiceità individuato dai magistrati milanesi consiste nel fatto che le banche, avrebbero omesso, al momento della stipula degli swap del 2005, la presenza di un precedente derivato, sottoscritto da Palazzo Marino con Unicredit che all'epoca aveva un valore negativo di oltre 96 milioni di euro. Menzionandolo, per il giudice «sarebbe stata evidente la mancanza di convenienza economica».
Della consapevolezza dei due funzionari di Palazzo Marino, Giorgio Porta e Mauro Mauri, parla l'allora direttore centrale della Ragioneria Elfo Butti, che ammette ai magistrati di non conoscere l'inglese, nè di essere esperto di derivati. «Voglio precisare - afferma Butti nel luglio 2008 - che io posi questo specifico problema nel corso di una riunione con Zibordi, Creanza, Bassolino, Santarcangelo (funzionari delle quattro banche, ndr) e con Porta, esponendo loro la necessità di definire anche questa posizione... Tutti però mi dissero che non era necessario farlo in quel momento e che tale posizione sarebbe stata menzionata in un secondo momento, dicendomi di non menzionare questa situazione nei documenti che avrei dovuto predisporre per il prosieguo dell'operazione di finanziamento».
Davanti a questo scenario, il Pd, che nel maggio 2008 depositò in procura un esposto, è tornato a chiedere al Comune di costituirsi nel processo contro tutti i futuri imputati, nel caso anche contro Porta e Mauri. Inoltre il partito di opposizione ha richiamato alle proprie responsabilità anche l'attuale giunta Moratti, sollecitandola a revocare un ulteriore contratto di derivato ad alto rischio, sottoscritto nell'ottobre 2007. «Quest'operazione - ha spiegato il democratico Davide Corritore - è il maggior responsabile del valore negativo attualmente in essere di tutte le operazioni in derivati».