Non è stata ancora fissata dal presidente della Corte Costituzionale, Francesco Amirante, la data dell'udienza della Consulta sulla legittimità del lodo Alfano, la legge che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. Tenuto conto che i ruoli di giugno sono già pieni e che l'ultima udienza pubblica prima della pausa estiva è il prossimo 7 luglio, tutto lascia pensare che la Corte deciderà non prima di settembre (la ripresa dei lavori è il 23 settembre).
Le tre cause che riguardano la sospensione di altrettanti procedimenti a carico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sono già arrivate da alcuni mesi a Palazzo della Consulta: le prime due, in cancelleria della Corte Costituzionale dallo scorso dicembre, riguardano i ricorsi dei giudici di Milano dinanzi ai quali il premier è imputato, a vario titolo, per il processo Mills e per quello sui diritti televisivi Mediaset; la terza, pubblicata alla fine di gennaio sulla gazzetta ufficiale della Corte, è la questione di legittimità sollevata dal gip di Roma nell'ambito della presunta vicenda della compravendita di alcuni senatori, la scorsa legislatura.
«La politica la deve smettere di pensare che sia un regolamento di confini con la magistratura e la magistratura deve smetterla di pensare che ogni intervento riformatore sia in suo danno», ha detto oggi il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, durante l'incontro con i vertici del Palazzo di Giustizia di Sondrio, parlando della riforma della giustizia.
Il ministro dopo un colloquio riservato con il presidente del Tribunale, Gianfranco D'Aietti, il procuratore della Repubblica Fabio Napoleone e il prefetto Chiara Marolla, è intervenuto pubblicamente nell'Aula magna del Tribunale e rivolgendosi anche ai presidenti dell'ordine degli avvocati e delle camere penali locali e alle forze dell'ordine, ha toccato tra gli altri anche il tema della riforma della giustizia e ha aggiunto che «tutti insieme ci dobbiamo rendere conto che nel nostro Paese se si vuole abbattere la criminalità organizzata, il crimine meno organizzato che fa tanta paura ai cittadini», cioè la microcriminalità presente anche al nord, «bisogna tener conto che il governo, il Parlamento, il ministro della Giustizia, i magistrati, le forze dell'ordine, gli avvocati, sono tutti giocatori di un'unica grande squadra e questa squadra si chiama Stato».
Alfano ha inoltre sottolineato che «se ciascuno dei giocatori» ricopre il proprio ruolo e fa il proprio mestiere «avremo raggiunto il grande obiettivo di riformare la giustizia». Inoltre il ministro ha individuato come principale nemico della giustizia italiana «la lentezza dei processi».