Si chiama Bel e cioè l'acronimo di Barbara, Eleonora e Luigi, i tre figli nati dal matrimonio di Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Ed è l'ultimo veicolo nato nella galassia societaria che ruota intorno alla famiglia di Arcore. Un impero da oltre 6 miliardi che fa perno su sette holding, proprietarie dell'intero capitale della Fininvest (cui fanno capo Mediaset, Mondadori, il Milan, più una quota rilevante nel gruppo finanziario Mediolanum) e che di fatto è stato già diviso tra i due rami della discendenza di casa Berlusconi: i figli del primo letto, Marina e Piersilvio, e i più piccoli, Barbara, Eleonora e Luigi. Ognuno di loro, singolarmente, è azionista del gruppo Fininvest con una quota indiretta di circa il 7%. La maggioranza della holding, pari al 61% del capitale, è ancora saldamente nelle mani del presidente del Consiglio. Così come tutte le proprietà immobiliari, da Macherio a Villa Certosa, concentrate in Dolcedrago, società di proprietà del premier al 99%.

Pesi ed equilibri al vertice dell'impero di casa Berlusconi dipenderanno, dunque, dalla scelta dei futuri destinatari di quel 61% di Fininvest nelle mani del fondatore. Una partita complessa, quella della successione e soprattutto quella di un eventuale ruolo manageriale della seconda generazione, che in molti «leggono» dietro le divergenze di opinioni tra il premier e la moglie, ormai periodicamente sulle prime pagine dei giornali.

Punto di partenza per capire i delicati equilibri del sistema Berlusconi sono gli assetti proprietari di Fininvest, da un lato, e l'impero immobiliare dall'altro. La holding di famiglia è nata fine degli anni 70 e per decenni il presidente del Consiglio ne è stato azionista unico, con il controllo suddiviso tra 22 «scatole» (Holding Italiana, numerate dalla Prima alla Ventiduesima) tutte di proprietà diretta di Berlusconi. Poi nel corso del tempo l'arcipelago di holding è stato asciugato, con il progressivo accorpamento delle società. Adesso ne sono rimaste solo sette: Holding Italiana Prima, Seconda, Terza e Ottava di proprietà personale del premier; la Quarta che fa capo a Marina; la Quinta di Piersilvio; la Quattordicesima suddivisa tra i tre figli più picoli. Il 2006 ha tenuto a battesimo l'ultimo (per ora) grande riassetto, con l'apertura ufficiale dell'impero anche alla seconda generazione: dietro la regia del superconsulente Bruno Ermolli, da anni uno dei consiglieri più ascoltati e fidati di casa Berlusconi, la Holding Italiana Quattordicesima, in precedenza di Silvio, è stata ceduta a Barbara, Eleonora e Luigi. Perché proprio questa holding? Perché deteneva il 21,4% di Fininvest che, diviso per i tre nuovi azionisti entranti, fa indirettamente una quota analoga ai figli più grandi.

Spartizione equa, dunque, che ogni anno assicura uguali (e pingui) dividendi a tutti i rami della famiglia (285 milioni di euro le risorse distribuite da Fininvest alle sette holding nel 2008, un po' meno, circa 207 milioni, quelli in arrivo quest'anno). Rimane ancora aperto, però, il capitolo della gestione: Marina e Piersilvio, anche per ovvi motivi di età, hanno assunto ruoli manageriali importanti nell'impero: la primogenita è presidente della stessa Fininvest dal 2005 (dopo la morte di Aldo Bonomo, storico presidente della holding) e di Mondadori; Piersilvio è vicepresidente con deleghe operative in Mediaset. La prossima partita sarà capire quali aspirazioni o ruoli possono avere i figli minori: tutti e tre sono ancora meno che 25enni per cui la questione non è immediata, ma sembra difficile pensare che Barbara, Eleonora e Luigi si limitino a voler fare solo gli azionisti.

C'è, infine, il capitolo immobiliare. Un patrimonio cospicuo, anche se non paragonabile in valore peso specifico a Fininvest, raccolto nella Dolcedrago, contenitore delle proprietà in Sardegna, a Macherio e ad Arcore. Questa finanziaria ha una doppia anima: da un lato è a capo dell'impero immobiliare, dall'altra controlla il business cinematografico, con la Videodue srl (un contenitore di 106 diritti di sfruttamento di opere cinematografiche, tra cui film di Totò). L'assetto proprietario di Dolcedrago vede in posizione di forza Silvio Berlusconi: è partecipata dal premier direttamente con il 99,5%, mentre uno 0,25% a testa spetta ai due figli, Piersilvio e Marina. E proprio qui, sempre nella logica di una futura suddivisione dell'impero, un ruolo potrebbe giocarlo la neonata scatola di Barbara Eleonora e Luigi, Bel, veicolo attraverso cui la seconda generazione potrebbe diventare intestataria di una parte del patrimonio immobiliare del premier.