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Il Financial Times e la «carriera» di Berlusconi

di Elysa Fazzino

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27 maggio 2009
Il premier nel mirino della stampa internazionale

Un editoriale del quotidiano britannico mette in risalto il rischio che i contenuti seri della politica vengano sostituiti con l'entertainment. Critiche al presidente del Consiglio anche dall'Indipendent, dalla stampa francese e da El Pais


Berlusconi «è un pericolo, in primo luogo per l'Italia, e un esempio malefico per tutti». Lo scrive oggi il Financial Times in un editoriale dal titolo «L'influenza funesta degli amici Burleschi», un calembour che gioca sull'assonanza tra Berlusconi e l'aggettivo «burlesco». «Il fascismo non è il futuro probabile dell'Italia», scrive il quotidiano britannico. «Chiaramente Berlusconi non è Mussolini: ha squadre di starlette, non di camicie nere».
Ma il vero pericolo sta altrove, secondo il Financial Times. In quindici anni di carriera politica Berlusconi ha spostato a destra l'opinione pubblica e lo ha fatto non con rozza propaganda ma concentrandosi su lustrini e ragazze e con una retorica «iperbolica» che vede tutta l'opposizione come comunista e se stesso come una vittima. Di fronte alle «difficili domande sulla sua relazione con la teenager che vuole fare la starlette», se l'è presa con La Repubblica, «il giornale più ostinato» nel porre le domande al premier, «ha lanciato velate minacce tramite un suo associato e ha cercato di invalidare le domande in quanto viziate politicamente ». Ha mostrato la stessa «belligeranza» verso «i magistrati che lo hanno giudicato corruttore dell'avvocato inglese David Mills». E insoddisfatto di un Parlamento che gli ha dato l'immunità, lo ha definito «inutile» e ha detto che dovrebbe essere ridotto a 100 deputat, «mentre i suoi poteri aumenterebbero».
«Il pericolo di Berlusconi è di tipo diverso da quello di Mussolini», continua il quotidiano britannico, «è quello dei media che rendono fatui i contenuti seri della politica e li sostituiscono con l'entertainment. È quello di una spietata demonizzazione dei nemici e il rifiuto di garantire basi indipendenti ai poteri in competizione. È mettere una fortuna al servizio della creazione di un'immagine grandiosa, composta da affermazioni di successi senza fine e sostegno popolare». Conclude il Financial Times: «Che egli sia così dominante è anche in parte colpa di una sinistra esitante, di istituzioni deboli e a volte politicizzate, di un giornalismo che troppo spesso ha accettato un ruolo subalterno. Ma soprattutto la colpa è di un uomo molto ricco, molto potente e sempre più spietato. Non un fascista, ma un pericolo in primo luogo per l'Italia e un esempio malefico per tutti».

27 maggio 2009
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