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Custodia cautelare per 13 fiancheggiatori di Messina Denaro

di Andrea Cottone

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16 giugno 2009
L'identikit di Matteo Messina Denaro

"Non andrò mai via di mia volontà, ho un codice d'onore da rispettare. Lo devo a papà e lo devo ai miei principi, lo devo a tanti amici che sono rinchiusi e che hanno ancora bisogno, lo devo a me stesso per tutto quello in cui ho creduto e per tutto quello che sono stato". È racchiuso in questo "pizzino" il pensiero di Matteo Messina Denaro, la primula rossa di Cosa nostra, latitante dal 1993. Non uno qualunque, ma l'ultimo di una stirpe che fa capo a Totò Riina e Bernando Provenzano, un "corleonese doc" che custodisce i segreti della strategia stragista di Cosa nostra, delle bombe di Milano, Firenze e Roma. Stamane la polizia di Palermo e Trapani, col servizio centrale operativo di Roma, ha eseguito 13 ordinanze di custodia cautelare destinate a personaggi ritenuti fiancheggiatori del capomafia di Castelvetrano, paese del Trapanese, vera roccaforte impenetrabile alle indagini degli inquirenti. L'operazione "Golem" ha però dimostrato come Messina Denaro non sia sempre rimasto nascosto nel suo territorio.

Secondo le indagini, Messina Denaro è stato anche in Austria, Svizzera, Grecia, Spagna e Tunisia. Riusciva a viaggiare grazie ai documenti falsi che Domenico Nardo, detto Mimmo, tipografo romano, gli avrebbe costruito ad hoc. Già nel 1996 era stato condannato per aver costruito "carte false" per un killer che è poi scappato in Sud America. Ma non solo. L'inchiesta - coordinata dall'aggiunto alla Dda di Palermo, Teresa Principato, e dai sostituti Paolo Guido, Roberto Scarpinato e Sara Micucci - ha dimostrato come la rete di protezione del latitante andasse ben oltre la provincia di Trapani. A Piacenza, ad esempio, è stato arrestato per associazione mafiosa Vito Angelo Barruzza, 45 anni, nato a Baden (Svizzera). Era lui uno dei messaggeri della corrispondenza del boss e avrebbe messo a disposizione la sua casa a Campobello di Mazara (Trapani) per i summit di Cosa nostra.

Un avviso di garanzia è giunto anche a un funzionario regionale, Girolamo Coppola, e ad Achille Felli, finanziere in pensione, che collabora nella segreteria politica di Carlo Vizzini, senatore del Pdl, anche lui destinatario di un avviso di garanzia nell'ambito delle indagini sul riciclo del "tesoro" di Vito Ciancimino, ex sindaco del "sacco" di Palermo. Indagati anche Massimo e Pietro Niceta, titolari di noti negozi di abbigliamento a Palermo. Per gli inquirenti si tratta di prestanome di Filippo Guttadauro, boss della zona Brancaccio di Palermo ma, soprattutto, cognato di Messina Denaro. Avrebbero dato la loro disponibilità a intestarsi un negozio di gioielli e uno di vestiti dentro il centro commerciale "Belicittà" a Castelvetrano (Trapani). In realtà il regista era proprio Guttadauro (arrestato nel luglio 2006).

Dunque, fiancheggiatori sparsi per l'Italia, amici o soci in affari all'estero, a Messina Denaro non mancava nulla, neanche i messaggi che altri boss, ristretti al 41 bis, gli facevano arrivare. È questo, quello delle carceri, l'altro fronte dell'operazione "Golem". Tra i sospettati c'è anche il settantenne Mariano Agate, capo del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, in carcere da 15 anni, oltre il già citato Filippo Guttadauro. Trentasette celle sono state perquisite e presto diversi condannati per mafia saranno trasferiti in altri istituti penitenziari.


E affari. Nell'operazione è stata sequestrata un'impresa olearia, "Fontane d'oro", per un valore di circa 2 milioni di euro. "Puntare ad indebolire il sistema economico/mafioso colpendo i beni e il giro d'affari che ruota attorno alla criminalità organizzata è certamente l'arma migliore che abbiamo per sconfiggerli" dice Davide Durante, presidente di Confindustria Trapani, che plaude all'operazione e racconta come "ogni giorno il nostro territorio è sempre più libero, libero dai condizionamenti e dalle prevaricazioni di un sistema criminale e mafioso che fino ad oggi ne ostacola il pieno sviluppo". Ma gli industriali di Trapani sanno che molto dipende anche da loro. "Sarà necessario rimboccarsi le maniche e far partire l'economia della provincia – conclude Durante - assicurando lavoro ai giovani e togliendo, quindi, manodopera facile alla delinquenza. E in ciò il ruolo degli imprenditori 'veri' diventa fondamentale".

16 giugno 2009
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