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La preoccupazione del Colle per le riforme condivise

di Emilia Patta

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1 giugno 2009

Serve «più coesione sociale e nazionale» nel Paese «per prendere finalmente la strada delle riforme necessarie». E ancora: «I segni di unità sono tanto più importanti quanto più sono aspre le contrapposizioni politiche e istituzionali, soprattutto in periodo elettorale». Nel messaggio che Giorgio Napolitano ha letto in tv per la festa nazionale del 2 giugno - anniversario della Repubblica - si indovina un capo dello Stato preoccupato per il clima di questa campagna elettorale giocata a colpi di gossip sulla vita privata del premier e che lascia invece in secondo piano i temi urgenti per il paese: dalla crisi economica al terremoto in Abruzzo alle riforme istituzionali. La preoccupazione del Colle - dopo gli attacchi del premier alla magistratura («ci sono grumi eversivi», ha detto solo tre giorni fa annunciando una rapida riforma della giustizia per separare le carriere di Pm e giudici) - è soprattutto concentrata sull'inasprirsi dei rapporti tra politica e magistratura: da qui, non a caso, il richiamo alla necessità di una «collaborazione tra i vari livelli istituzionali».

Venerdì, dopo le parole del premier contro "alcuni" giudici, una nota ufficiosa del Quirinale ricordava il pensiero del presidente già espresso in altre occasioni: «Politica e giustizia hanno una comune responsabilità istituzionale e quindi devono evitare le ostilità». L'occasione per parlare di questi temi sarà tuttavia il plenum del Consiglio superiore della magistratura il 9 giugno, a urne europee chiuse. È lì che Napolitano ribadirà i principi dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura scritti nella nostra Costituzione. E soprattutto ribadirà quello che gli sta più a cuore, ossia il metodo da seguire per le necessarie riforme: dialogo con l'opposizione e senza stravolgere la nostra Carta fondamentale. Su questa strada il capo dello Stato può contare anche sulla sponda del presidente della Camera Gianfranco Fini. Nonché della Lega, da una parte preoccupata di mantenere un buon rapporto con l'opposizione per l'attuazione del federalismo fiscale e dall'altra restia - da sempre - a seguire il premier nelle sue crociate anti-magistrati.

Resta da vedere fino a che punto Silvio Berlusconi, alle prese con gli sgradevoli risvolti mediatici delle sue vicende personali, vorrà forzare la mano alla fine di questa lunga campagna elettorale. Molto dipenderà dal risultato del suo Pdl (la soglia "psicologica" è del 40%) e suo personale (è capolista in tutte le circoscrizioni alle europee e la speranza è quella di oltrepassare i tre milioni di preferenze): un buon successo potrebbe indurlo a procedere subito alle riforme annunciate - dal premierato alla separazione delle carriere tra Pm e giudici - con «chi ci sta». C'è comunque la Lega, molto competitiva al Nord: prima va fatta la "pesa" dei voti all'interno della maggioranza.

1 giugno 2009
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