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Una campagna a colpi di gossip
e la «lotta di sopravvivenza» del Pd

di Emilia Patta

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3 giugno 2009

«Nel confronto con Berlusconi la sproporzione è totale: di potere, di mezzi, di controllo delle tv, di abuso di ogni regola anche oltre la par condicio». È quasi un grido d'allarme quello del leader del Pd Dario Franceschini alla fine di una campagna elettorale dominata dal gossip sulle vicende private del premier e che ha lasciato sullo sfondo - come ha rimarcato ieri lo stesso presidente Giorgio Napolitano nel suo messaggio per la festa della Repubblica - i temi europei nonché quelli delle riforme economiche e istituzionali. «Il Pd è stato danneggiato dalla campagna elettorale sul gossip», ammette Franceschini. E di un'Italia «laboratorio internazionale della grettezza» a fronte un «Pil in caduta libera» parla anche Massimo d'Alema.

Il punto è che se la maggioranza piange l'opposizione non ride. D'Alema è prodigo di notazioni argute e ironiche sul premier e sulla sua vicenda («ha vinto il premio scandalo dell'anno di "Foreign Policy" - ha detto tra l'altro - almeno un record può sostenere di averlo raggiunto...») ma non aiuta a sciogliere i dubbi sul Pd e sulla sua strategia politica. Anzi, a essere in ballo è la stessa sopravvivenza del progetto di Romano Prodi: sono in molti a pensare che se il Pd subirà un tracollo alle elezioni europee - la soglia di sopravvivenza è collocata intorno al 26% - le due famiglie degli ex popolari e degli ex diessini torneranno a dividersi.

Dunque la stessa identità del partito appare sospesa, in queste settimane. Una riprova ne è l'annosa questione della collocazione nel Parlamento di Strasburgo. «Il Pd è una forza nuova, non siamo il Partito socialista e intendiamo dare vita in Europa a un raggruppamento nuovo che però non sia separato dai socialisti ma sia con i socialisti»: così D'Alema a tre giorni dal voto. Quanto al congresso che entro ottobre dovrà decidere le sorti dei Democratici nonché quelle del suo leader "pro tempore" Franceschini, lo stesso D'Alema fa notare che «i partiti seri in campagna elettorale fanno la campagna elettorale, confonderla con il congresso è segno di cattiva salute, io me ne occuperò non appena avrò finito, con molta passione, di fare campagna elettorale. Dopo faremo il congresso e ognuno dirà la sua».

Insomma i nodi - nell'opposizione così come nella maggioranza - sono tutti rimandati al 22 giugno, il giorno dopo il referendum sulla legge elettorale e i ballottaggi per le amministrative. Quali riforme condivise, e per quanto riguarda il Pd quali alleanze: l'Udc di Casini piuttosto che l'Idv di Di Pietro piuttosto che la "vocazione maggioritaria" di veltroniana memoria. Quali che saranno le soluzioni, di certo la crisi della politica italiana passa anche per la salute dell'attuale opposizione.

3 giugno 2009
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