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Troviamo il punto G che risolverà tutte le crisi

di Moises Naim

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29 giugno 2009

Il modo in cui l'umanità affronta le sue minacce più gravi è diventato pericolosamente intricato. L'elenco delle minacce lo si conosce già: cambiamento climatico, proliferazione nucleare, terrorismo, pandemie e un lungo eccetera. Nessuna di queste problematiche potrà mai essere risolta se prima vari paesi non decideranno di collaborare in maniera efficace per trovare una soluzione comune: e questo non sta succedendo, né è probabile che succeda. Per questo motivo, è necessario cambiare il modo in cui tali questioni vengono affrontate.
Fino ad oggi, la reazione più comune a queste minacce è stata promuovere iniziative multilaterali, ovvero accordi in cui centinaia di paesi si impegnavano a operare seguendo le stesse regole, o a unire le forze per il bene comune.

Per un certo tempo questa soluzione ha funzionato; ora non più. Quand'è stata l'ultima volta in cui avete appreso che un gran numero di paesi ha raggiunto un accordo per affrontare un importante problema mondiale? Forse più di dieci anni fa: nel 1994, infatti, 123 paesi sottoscrissero un accordo per la creazione della Wto (Organizzazione mondiale del commercio), e adottarono nuove norme. Da allora, tutti i tentativi di raggiungere intese accettabili per i paesi membri, diventati 153, della Wto sono risultati vani. Lo stesso si è verificato per la proliferazione nucleare. Nel 1995, 185 paesi decisero di prorogare un trattato già esistente; da quel momento, tuttavia, non solo sono falliti tutti i negoziati multilaterali, ma India, Pakistan e Corea del Nord hanno acquisito armi nucleari. Il Protocollo di Kyoto, accordo finalizzato alla riduzione delle emissioni di gas serra che contribuiscono al riscaldamento globale, è stato approvato nel 1997 ed è stato ratificato da 184 paesi. Ciononostante gli Stati Uniti, che dopo la Cina sono il paese responsabile della maggiore emissione di questi gas, non lo hanno ancora ratificato (anche se con Barack Obama ora le cose stanno cambiando), e molti degli stati firmatari non hanno rispettato gli impegni assunti.
Le ragioni sono chiare: da un lato, la globalizzazione ha aumentato la necessità di coordinamento tra i vari paesi, dall'altro, la capacità degli stessi di raggiungere accordi è diminuita.

Sempre più spesso, infatti, si assiste al fallimento dei negoziati multilaterali; i paesi ricchi non adempiono agli impegni finanziari; quelli meno sviluppati non onorano le promesse di riforme; le tempistiche non vengono rispettate e gli sforzi vengono meno. Cosa si può fare a questo punto? Innanzitutto è opportuno non cercare più di mettere d'accordo 200 paesi che hanno interessi sempre diversi. Una possibilità, quindi, potrebbe essere il minilateralismo: invitare al tavolo dei negoziati il minor numero possibile di paesi la cui partecipazione è necessaria per ottenere il massimo impatto sulla problematica. È questo il numero magico, il punto G delle relazioni internazionali.

Naturalmente, il numero G varia a seconda della materia. Consideriamo il commercio internazionale. Il Gruppo dei Venti (G-20), che comprende venti tra paesi ricchi ed emergenti dei cinque continenti, rappresenta l'85% del commercio mondiale. I membri del G-20 potrebbero raggiungere un importante accordo commerciale tra di loro e invitare tutti i paesi interessati, e in grado di rispettarlo, a unirsi. Lo stesso avviene per il cambiamento climatico: 20 paesi sono responsabili del 75% delle emissioni di gas serra. Non occorre quindi aspettare che 192 stati raggiungano un'intesa se è possibile risolvere il 75% del problema con un accordo tra i 20 che contano di più. Il numero magico del minilateralismo nucleare è invece 21. E la povertà in Africa? I paesi coinvolti sono circa una dozzina, compresi quelli subsahariani più bisognosi e i principali donatori. Per quanto riguarda l'Aids, quasi due terzi di tutti i decessi del mondo imputabili a questa malattia sono concentrati in 19 paesi.

Il problema è che esiste un contrasto di fondo tra efficacia e legittimità: un accordo tra 192 paesi è di sicuro più legittimo di tra 20, ma non è necessariamente più efficace, dal momento che per raggiungerlo è necessario adottare il minimo comune denominatore, un impegno accettabile per tutti. Purtroppo per molte delle problematiche globali il minimo comune denominatore risulta insufficiente. L'altra critica valida è la presenza costante dei paesi più potenti nei piccoli gruppi minilaterali. E questo è vero, perché senza la presenza di questi paesi non si farebbero molti passi in avanti. Tuttavia è interessante notare come il G-8, il gruppo degli otto paesi più industrializzati (e potenti!) abbia perso la sua natura magica, mentre il G-20 è diventato il forum più importante per le decisioni globali rispetto al G-8. Il G-20, infatti, è più rappresentativo, legittimo e influente del G-8; in altre parole, il 20 è magico, l'8 no.

Il minilateralismo ha sia difetti che limiti, ma rappresenta una sfida più realistica di un approccio che da tanto tempo produce più riunioni e dibattiti che risultati. Per questo occorre cercare il punto G.

29 giugno 2009
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