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Un viaggio ad Agrigento nella valle degli sprechi

di Giuseppe Oddo

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31 Luglio 2009
La strada per il sito di Aragona
I numeri dello scandalo

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Un bel giorno dell'aprile 2008 il camper della legalità è arrivato davanti al tribunale della città, in via Mazzini, con promotori e autorità al seguito, per la presentazione di rito. Alla manifestazione presenziavano il prefetto e il questore di Agrigento. Insomma, un battesimo come si conviene. Ogni giorno gli organizzatori spedivano comunicati per far informare dove sarebbe andato il camper il giorno successivo. C'erano anche dei consultenti a supporto dell'iniziativa. Una cosa ben fatta, all'apparenza. Poi, sarà perché l'entusiasmo è scemato o perché la delinquenza ha subìto un improvviso calo, del camper si sono perse le tracce. Non se n'è saputo più nulla, ci dicono ad Agrigento. Davvero una strana fine per un'iniziativa che si propone di diffonde la legalità e che dovrebbe essere improntata alla massima trasparenza. Poi, guardando il sito internet dell'ente, qualcuno ha scoperto che tra i beneficiari delle consulenze c'era anche un giovane che è praticante presso lo studio dell'attuale presidente del consorzio Asi, Stefano Catuara, e che a guidare il camper era un venditore di frutta - per carità, con tutto il rispetto che merita un fruttivendolo - sposato con una signora che lavora al consorzio stesso. Insomma, tutto in famiglia. E nel sito non figura la lista completa dei consulenti. Ora, dicono ad Agrigento, come si può diffondere la legalità ricorrendo ai soliti sotterfugi? Non sarebbe stato più opportuno lanciare il progetto del camper con una gara di evidenza pubblica visto che i 345mila euro del progetto Maciste il consorzio li ha ricevuti dalla regione che ha, a sua volta, attinto ai fondi europei? Evidentemente i camper non portano bene. Su un altro più celebre di questi mezzi Craxi firmò il patto del Caf con Andreotti e Forlani, e da quel momento cominciò il crollo della prima repubblica.

Per curiosità ci siamo spinti fino all'agglomerato di Ravanusa, sempre sotto un sole battente. Qui lo spettacolo è desolante: appena tre imprese. In compenso è stato completato, con un finanziamento di 5 miliardi di lire dell'epoca, un impianto di trattamento delle acque reflue, un depuratore che potrebbe servire, ci dice una fonte, un paese di ventimila abitanti. Poiché in corso d'opera è emerso che l'impianto era sovradimensionato, al suo interno è stato ricavato un altro impianto di depurazione di dimensioni molte più contenute. Una sorta di matrioska. E tutto per tre aziende. Così van le cose in Sicilia nel terzo millennio.
E potremmo allargare il campo. Il consorzio Asi di Enna, dove sono localizzate appena venti aziende, è retto da un consiglio generale di 79 persone. Quasi quattro consiglieri per azienda. In ogni consorzio un comune può infatti esprimere fino a un massimo di tre consiglieri e non ce n'è uno che rinunci a questo diritto. Anzi, se è possibile ne approfitta. Nell'Asi di Agrigento sono entrati Cattolica Eraclea e Santa Elisabetta, due ridenti comuni dell'entroterra nei cui territori non ricadono agglomerati gestiti dal consorzio. Dei 54 componenti dell'Asi di Agrigento quindici sono guardie carcerarie e, tra i restanti, troviamo qualche figlio di dipendente, qualche maestro elementare e qualche vigile del fuoco, persone che mancano dei requisiti di legge per ricoprire la carica.

Nell'Asi di Caltagirone ci sono 56 consiglieri per 41 aziende e in quello di Trapani il rapporto è di 53 a 56. Nell'Asi di Palermo, invece, operano 330 aziende e anche se i consiglieri del consorzio sono circa un terzo delle imprese localizzate nell'area industriale parliamo pur sempre di 117 persone. Un vero e proprio parlamento. L'Ars, l'assemblea regionale siciliana, ha solo 90 deputati.

31 Luglio 2009
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