Tesseramento chiuso a quota 600mila, congresso fissato all'unanimità per il 21 ottobre a Roma. La direzione del Pd ha archiviato la prima fase pre-congressuale, con l'inevitabile strascico di polemiche sui tesseramenti gonfiati (i dati definitivi ci saranno tra qualche giorno) e la delusione del "terzo candidato" Ignazio Marino, che avrebbe voluto più tempo per consolidare la sua lista laica. La corsa - di fatto - a due tra il leader Dario Franceschini e lo sfidante Pierluigi Bersani è iniziata.
Simile la piattaforma economica, lo scontro sarà sull'idea di partito e sulla strategia delle alleanze. Cartina di tornasole le primarie, grande "invenzione" dell'era prodian-veltroniana. Difese da Franceschini (e con lui da Veltroni e Fassino) come strumento di reale democrazia, le primarie aperte a tutti gli elettori e non solo agli iscritti sono attaccate da Bersani (e con lui da d'Alema) come strumento inadeguato per scegliere il segretario del partito e i "quadri".
Un sondaggio-indagine della Fondazione scuola di politica del partito, curato dal deputato Salvatore Vassallo - uno degli estensori dello statuto nonché professore di scienza politica ed esperto di sondaggi - può dare un'indicazione degli umori democratici a riguardo. L'indagine sarà presentata a fine luglio a Rocca di Bertinoro, nel secondo seminario estivo della scuola, ma possiamo anticiparne qualche dato: tra il 63 e il 70% degli interpellati (si tratta di circa mille intervistati tra componenti delle assemblee nazionale e regionali, parlamentari, amministratori, dirigenti territoriali e semplici simpatizzanti) ritiene che le primarie per la scelta dei presidenti di regione e sindaci debbano essere aperte a tutti gli elettori. E un buon 55% preferisce che anche il segretario nazionale sia eletto da tutti gli elettori e non solo dagli iscritti. Insomma, al di là delle divisioni congressuali sembra che le primarie "aperte" abbiano davvero conquistato il cuore di militanti e simpatizzanti democratici.
Con il rischio tra il paradossale e il tragico di un doppio risultato: un candidato che vince la battaglia congressuale (ad esempio Bersani, presumibilmente più forte tra gli iscritti) e l'altro che vince le primarie (ad esempio Franceschini, portatore di una visione del partito presumibilmente più forte tra i semplici simpatizzanti). «Certo il rischio c'è - dice Vassalo -. Un rischio accettato da tutti i contendenti: il congresso rappresenta il luogo della discussione politica, il luogo in cui si "scremano" le candidature, ma è poi con le primarie che si sceglie davvero il segretario». Esattamente l'idea di partito aperto combattuta da Bersani e D'Alema, che vorrebbero le primarie vere e proprie solo per la scelta degli incarichi istituzionali lasciando la scelta degli incarichi di partito ai soli iscritti. Vedremo come andrà a finire: certo il nodo primarie aperte o chiuse è uno di quelli che andranno sciolti, in un senso o nell'altro, alla fine di questa lunga stagione congressuale.