«La mia è stata un'esperienza senza particolari problemi. Non ho sofferto dolori, nessuna controindicazione, forse perché ero davvero all'inizio della mia gravidanza. La sensazione, alla fine, è stata quella di una mestruazione più abbondante del solito».
C.M., avvocato fiorentino trentenne, ha provato gli effetti della Ru486 nel 2002 in Germania – nella «cattolicissima Monaco di Baviera» – quando anche la sola sperimentazione in Italia della pillola abortiva era lontana da venire: i primi protocolli nel nostro Paese sono cominciati all'ospedale Sant'Anna di Torino soltanto nel settembre del 2005. E oggi C.M. non nasconde affatto di vedere positivamente l'arrivo della Ru486 in Italia: «Sì, consiglierei senza ombra di dubbio ad altre donne il ricorso all'aborto farmacologico, credo che non ci sia paragone con quello chirurgico». Un'esperienza nata per caso, nessuna fuga in cerca dell'ultima frontiera dell'aborto. Solo la possibilità di sfruttare un'alternativa, non una scorciatoia, allo shock del bisturi e del ricovero in ospedale.
Durante una visita al fratello in Germania, «a soli 24 anni mi sono trovata all'improvviso incinta di pochi giorni». E dopo «il panico iniziale» la decisione di chiedere aiuto a un ginecologo esperto in Italia che al telefono non ha dubbi sul consiglio migliore da darle: «Chiedi la pillola abortiva». La ragazza non ci pensa su due volte e dopo aver contattato un ginecologo privato «in un elenco di somministratori autorizzati» viene chiamata dal consultorio per un colloquio. Nessun "interrogatorio" solo un «dialogo durato alcuni minuti, diciamo che hanno voluto capire quanto ero convinta e determinata ad abortire».
Poi è cominciata la procedura: «Sono andata in un ambulatorio medico dove, dopo una visita accurata, ho assunto la pillola abortiva e quindi sono tornata a casa». «Il terzo giorno – racconta – sono dovuta tornare per assumere il secondo farmaco, quello necessario per l'espulsione del feto». Un momento delicato, che secondo molti in Italia dovrebbe prevedere obbligatoriamente un ricovero ospedaliero, o almeno un day-hospital. E invece nell'ambulatorio di Monaco di Baviera le consigliano di «restare lì, seduta», oppure di tornare a casa e di «avvertire nel caso in cui ci fossero state complicazioni o emergenze». C.M. sceglie di tornare a casa e il momento più delicato, il distacco del feto, avviene addirittura «in metropolitana». Ma senza dolori forti: «Ho sentito la stessa sensazione che si prova con una mestruazione abbondante». L'ospedale e i medici sono lontani, alla fine tutto è successo nel momento più «ordinario» possibile, accanto agli altri passeggeri della metro tedesca: «Non mi ricordo bene se sono tornata nella struttura, sono però sicura che qualche giorno dopo, in Italia, ho effettuato un'ecografia interna per verificare che l'aborto fosse davvero riuscito».
Sicuramente il caso di C.M. sarà il classico caso «senza complicazioni», dove tutto fila liscio al meglio. Ma la ragazza non ha dubbi: «All'inizio ero terrorizzata, si trattava comunque di una novità, ma alle altre donne che sono all'inizio della gravidanza e decidono di abortire dico di scegliere questa strada senza alcun dubbio».
