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La strage di Viareggio dal caso alla necessità

di Giorgio Santilli

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1 luglio 2009

La tragedia di Viareggio è stata prodotta dal quarto deragliamento di un treno negli ultimi 40 giorni. Tre riguardano carri merci di imprese private, uno un treno passeggeri. Altri due «svii» – come si chiamano in termini tecnici – erano avvenuti nella prima parte dell'anno. Secondo l'agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria i deragliamenti non possono e non devono accadere: non rientrano cioè nella incidentalità fisiologica di una ferrovia, esprimendo invece un problema più serio.

Non sarà facile la ricerca delle responsabilità, che non sembrano attribuibili né all'infrastruttura né alla guida dei macchinisti, ma a un cedimento strutturale dell'asse di un carro immatricolato in Germania o in Polonia da una multinazionale americana con sede a Vienna e regolarmente revisionato in Italia. Certo è che proprio nel trasporto merci liberalizzato esiste oggi un'area critica della sicurezza che contrasta con gli standard generali italiani, al primo posto in Europa. Come se le potenti iniezioni di tecnologia, che le Fs hanno fatto in questi anni, avessero sì prodotto un generale innalzamento delle prestazioni di sicurezza e addirittura imposto la tecnologia italiana in altri Paesi, non riuscendo però a proteggere l'intero traffico ferroviario.

Il problema non è, come qualcuno dice strumentalmente, la divisione fra un'Alta velocità ricca e sicura e un trasporto "altro" povero, sporco e a rischio. Non passa da questa divisione la fotografia della sicurezza ferroviaria italiana. Piuttosto sembra arrancare il sistema delle regole e dei controlli sostanziali che non sta al passo della velocità con cui mille nuovi soggetti entrano nel mercato italiano in virtù della liberalizzazione. Per i carri immatricolati in Italia, l'agenzia della sicurezza sa tutto: anno di immatricolazione, verifiche, controlli. Per i carri immatricolati all'estero queste informazioni non esistono. Converrà prendere atto che le frontiere, in questo settore, sono cadute da tempo.

È poi evidente la fragilità estrema di un sistema di trasporto delle merci (e di merci pericolose) che passa a pochi metri dalle case di una delle più note località turistiche italiane. Non è forse una cattiva idea accelerare la costruzione, ovunque possibile, di vie alternative all'attraversamento nei centri storici.

1 luglio 2009
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