«Nei giorni stessi in cui la Fiat e i suoi uomini stanno raccogliendo una sfida fondamentale per dare alla società prospettive di stabilità e di sviluppo nel lungo termine, c'è chi per pretese di successione familiare si dedica invece a minare la credibilità del Gruppo e dei suoi uomini, stravolgendo il passato e gettando persino ombre sinistre sull'operato e sulla memoria dell'Avvocato Agnelli».
È dura la replica dell'accomandita della famiglia Agnelli, la Giovanni Agnelli & C. Sapaz alla ricostruzione, pubblicata ieri dal quotidiano Repubblica, in cui si rivela che nelle carte depositate al Tribunale di Torino Margherita Agnelli sosterrebbe che il padre, l'Avvocato Gianni Agnelli, «aveva un tesoro nascosto» e quantificherebbe in circa un miliardo e 463 milioni di euro la sua entità. Un numero clamoroso che sarebbe accompagnato da una ricca documentazione riferita ad alcune operazioni finanziarie che risalgono alla fine degli anni 90.
Si arricchisce, dunque, di nuovi particolari la vicenda legata all'eredità di Giovanni Agnelli che nei mesi scorsi ha visto Margherita promuovere un'azione legale contro la madre, Marella Caracciolo e nei confronti di tre collaboratori del padre: Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e il commercialista svizzero Siegfried Maron. Con un obiettivo, peraltro ieri ribadito in una nota ufficiale diffusa dai legali di Margherita in risposta al comunicato della famiglia Agnelli: «Alla base di questa causa non vi è nulla di più, e nulla di più si chiede, oltre al rendiconto. Una chiarezza negata da sempre». Rendiconto su cui, a questo punto, si esprimerà il giudice, probabilmente a settembre.
L'operazione tirata in ballo dai legali di Margherita è l'opa Exor, lanciata nel novembre 1998 e che secondo i tecnici sarebbe stata in parte una architettura finanziaria per spostare gran parte delle risorse finanziarie della società lussemburghese in paradisi fiscali. Tutto sarebbe accaduto nel Granducato dove era quotata la societá Exor Group che nel 1998 vantava un rilevante patrimonio e tutto ruoterebbe intorno a soci "anonimi" di Exor, dietro i quali, secondo la tesi di Margherita, ci sarebbe stato l'Avvocato Agnelli. Nello scenario ipotizzato in quell'anno la società aveva messo in vendita delle filiali creando un maxidividendo pari a un miliardo e 750 milioni sul quale i soci italiani (sia ufficiali sia anonomi) dovevano poi versare al fisco somme molto elevate.
Secondo la tesi di Margherita, chi comandava davvero in Exor avrebbe deciso di trasformare quei dividendi in plusvalenze pagabili all'estero e non tassabili, dando vita all'opa lanciata dalla Giovanni Agnelli & C. Sapaz per 2.600 miliardi di lire. L'accomandita fondò così una nuova società (la Giovanni Agnelli & C. International) per lanciare ufficialmente l'opa su tutte le azioni Exor escluse quelle detenute da Ifi, dall'accomandita di famiglia e da Sopraexo. Al termine dell'operazione Ifi e accomandita controllavano l'84,79% della società lussemburghese, mentre i soci «anonimi» avrebbero lasciato Exor portando con loro un miliardo e trecento milioni di dollari.
Uno scenario su cui l'accomandita si è limitata ieri a precisare: «Fortunatamente con l'approssimarsi del dibattito processuale si avvicina il momento della chiarezza: gli avvocati dei convenuti dalla signora de Pahlen risponderanno punto per punto e in piena trasparenza alle accuse inconsistenti, ristabilendo la verità nella sede più appropriata, che è quella delle aule di giustizia».
