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Gelmini sull'ora di religione: ricorso contro la sentenza Tar

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12 agosto 2009

Dopo la Cei, anche il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini prende posizione contro la sentenza 7076 del Tar del Lazio (che esclude i docenti di religione cattolica dalla partecipazione «a pieno titolo» agli scrutini per l'esame di maturità e dal conteggio dei crediti della disciplina per l'accesso alle prove) e ricorrerà al Consiglio di Stato.
«La religione cattolica esprime un patrimonio di storia, di valori e di tradizioni talmente importante che la sua unicità deve essere riconosciuta e tutelata - si legge in una nota del ministero - Una unicità che la scuola, pur nel rispetto di tutte le altre religioni, ha il dovere di riconoscere e valorizzare. I principi cattolici dunque, che sono patrimonio di tutti, vanno difesi da certe forme di laicità intollerante che vorrebbero addirittura impedire la libera scelta degli studenti e delle loro famiglie di seguire l'insegnamento della religione. Per questo ho deciso di ricorrere al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar. Sono fiduciosa che, come è accaduto altre volte in passato, il Consiglio di Stato possa dare ragione al Ministero e all'ordinamento in vigore».

«L'ordinanza del Tar - prosegue la nota - infatti determina un ingiusto danno nei confronti di chi sceglie liberamente di seguire il corso (...) L'ordinanza del Tar peraltro tende a sminuire il ruolo degli insegnanti di religione cattolica, come se esistessero docenti di serie a e di serie b. Al contrario ritengo che il ruolo degli insegnanti di religione vada accresciuto e valorizzato. Per questo dal prossimo anno - dice il ministro Gelmini - è mia intenzione coinvolgere i docenti di religione cattolica in attività di formazione, secondo gli obiettivi della riforma del primo e del secondo ciclo d'istruzione».


La critica della Cei: «La sentenza è frutto di bieco Illuminismo».
Secondo Monsignor Diego Coletti, vescovo di Como e presidente della Commissione episcopale per l'educazione cattolica, la sentenza non tutela, bensì danneggia la laicità dello Stato. Escluso, però, che la Cei faccia ricorso. Ai microfoni di Radio Vaticana Coletti ha detto che «se per laicità si intende l'esclusione dall'orizzonte culturale, formativo, civile di ogni identità, vuol dire che si è proprio nel più bieco e negativo risvolto dell'Illuminismo, che prevede che la pace sociale sia garantita dalla cancellazione delle diversità delle identità. Mentre io credo che uno Stato sanamente laico debba preoccuparsi di far emergere e di rispettare, di mettere in rete casomai e di far crescere tutte le identità, soprattutto quelle di alto profilo etico e culturale». «Ci sarà da chiedersi - afferma Coletti - come mai su una questione così delicata, la competenza venga data ad un Tribunale amministrativo regionale». Ma un eventuale ricorso, ha concluso, non spetta alla Cei, bensì ai cittadini italiani e allo stesso ministero dell'Istruzione.

Le motivazioni del Tar.
I ricorsi accolti dal Tar del Lazio con la sentenza 7076 erano stati presentati da 24 soggetti - studenti supportati da diverse associazioni laiche e confessioni religiose non cattoliche, fra le quali le Chiese Evangeliche, Luterana, Valdese e l'Unione delle comunità ebraiche - per l'annullamento dell'ordinanza dell'allora ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni per gli esami di Stato 2007/2008.

Il Tar ha affermato che «l'attribuzione di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso degli studenti e dei loro genitori, quale quella di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, dà luogo ad una precisa forma di discriminazione, dato che lo Stato Italiano non assicura identicamente la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni ovvero per chi dichiara di non professare alcuna religione in Etica Morale Pubblica».
Secondo il Tar l'interpretazione data dal ministero dell'Istruzione «ha portato all'adozione di una disciplina annuale delle modalità organizzative degli scrutini d'esame, che appare aver generato una violazione dei diritti di libertà religiosa e della libera espressione del pensiero; nonché di libera determinazione degli studenti relativamente all'insegnamento della religione cattolica».

Il Tar, dopo aver ricordato il principio della laicità dello Stato, enunciato dalla Corte Costituzionale come «garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà religiosa, in regime di pluralismo confessionale e culturale (C. Cost. n.203/89), ha precisato che «sul piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico», la scelta di avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica deve essere assolutamente libera e in nessun modo condizionata.

12 agosto 2009
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