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Quell'Italia di «Lascia o raddoppia?»

di Marco Innocenti

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8 settembre 2009
(AP / LaPresse)

Italia 1954, dal vivere si passa al vedere. La televisione diventa il nuovo focolare, il punto di aggregazione della giornata, la dilatazione delle pareti domestiche fino a comprendere il mondo, la cronaca portata in casa e il sogno di essere altrove. Quando, nel novembre del '55, scatta Lascia o raddoppia? gli schermi Rai espugnano il Paese.

Il programma a quiz, condotto da Mike Bongiorno, un italo-americano amato dalle nonne e allergico ai congiuntivi, è il cavallo di Troia della Tv: portatore di abbonamenti a raffica, di apparecchi televisivi venduti e pacifico eversore del costume. La ricetta del programma è semplice: prendete un gioco da bambini, abbinatelo a premi cospicui in un mondo di povertà, fate in modo che lo spettatore si senta coinvolto nel dramma umano del concorrente e il successo è garantito. Emozione, suspense, gettoni d'oro, batticuore, partecipazione, papere nella presentazione, curiosità, la cabina, il notaio, le buste, il tic tac implacabile dell'orologio: lo spettacolo è comodo, non impegnativo, adatto per le famiglie, con qualche contestazione che non guasta. Insomma, una perfetta macchina da soldi e da emozioni, che dà un calcio alla Tv al cloroformio. Nell'Italietta di metà anni Cinquanta non c'è più solo il Totocalcio per fare denaro e sognare la felicità.

Di suo Bongiorno ci mette una grossa sensibilità da uomo di spettacolo, la qualità di maestro di cerimonia che interpreta i sentimenti del pubblico e cede ai suoi entusiasmi e alle sue delusioni, la capacità di sfruttare i concorrenti come sponda su cui far rimbalzare la palla della conduzione e quel modo di fare pasticcione, gaffista e grossolano, da italiano medio, che piace tanto alla gente. "E' uno dei nostri". Mike sembra il fidanzato saggio, il fratello maggiore, il ragazzo dal cuore d'oro. Rappresenta il trionfo dell'uomo comune: un po' miope, un po' timido, un po' vago. La sua incompatibilità con la cultura gli dà qualcosa di familiare, di casereccio, di sincero e gli apre tutte le porte, togliendo ogni complesso di inferiorità a un Paese in cui l'analfabetismo non è ancora morto. Mike diventa l'ideale delle casalinghe, di quella piccola borghesia con pochi libri all'attivo e poche pretese. Con lui nasce il divismo televisivo. Sta alla pari della Lollo, batte Chiari, supera largamente Coppi. E' una garanzia. Basta dire Mike, come Leonardo, come Michelangelo.

Lo stato d'animo creato da Lascia o raddoppia? è una specie di follia collettiva, un evento ludico e drammatico in cui si sfogano le speranze e gli sdegni nazionali. Il successo è strepitoso. Il giovedì sera, alle 20 e 45, l'Italia si ferma, le strade si svuotano, i cinema restano deserti, sulle città scende il silenzio. I caffè, con i televisori su alti trespoli ben visibili, si trasformano in sale da spettacolo. La gente seduta guarda l'apparecchio come fosse la Madonna. All'ora giusta, tra un'ordinazione e l'altra, esauriti i posti a sedere, un esercito di schiene tampona l'entrata.

Mike Bongiorno non fa la Tv, è la Tv. Un settimanale pubblica la foto di una strada di borgata a Roma, dove i tetti delle misere baracche sono irte di antenne televisive. La telemania comincia a fare strage di cervelli, di cuori e di portafogli. Fioccano le polemiche. Per Moravia il quiz è un "incitamento alla cretineria", per Flaiano rappresenta l'"era dei cani sapienti" ma per De Sica è una "pedana di umanità" e perfino il Papa, assicurano i giornali, si interessa alla trasmissione.

Lascia o raddoppia? durerà fino al '59. E i colonnelli dei bersaglieri continueranno ad accogliere con la fanfara le eroine del quiz, i sindaci si compiaceranno di inviare telegrammi di vivo plauso ai concittadini che si sono fatti onore sulla vita di Napoleone o sui segreti delle farfalle, gli onorevoli si piazzeranno tra l'educato pubblico del teatro della Fiera per essere colti, ilari e divertiti, dalle compiacenti telecamere. Roba da matti. Roba da Lascia o raddoppia?

8 settembre 2009
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