Dopo l'e-commerce il gioco online e dietro il vuoto. L'industria dell'intrattenimento via internet si prepara così a chiudere l'anno con un giro d'affari di poco inferiore ai quattro miliardi di euro confermandosi la seconda industria virtuale.
«Ci sono ancora enormi potenzialità di crescita» spiega Giacomo Fusina, amministratore delegato di Human Highway che ieri a Venezia, durante il convegno sul poker online organizzato da Agicos e Gioco Digitale, ha presentato il suo ultimo studio sull'andamento del settore.
Il poker for money, quello che permette di partecipare a tornei a pagamento, ha avuto il via libera dai monopoli di stato un anno fa, e da allora la raccolta dei principali provider è aumentata senza sosta. «Abbiamo sbagliato tutte le nostre previsioni» spiega il direttore generare di Amms Raffaele Ferrara che aggiunge: «Credevamo che la raccolta sarebbe arrivata a 400 milioni di euro, invece supererà i 2 miliardi. Ed entro i primi mesi del 2010 debutterà il cash games», sarà quindi possibile rilanciare con soldi veri.
Il debutto della nuova modalità di gioco lascia però perplessi i grandi player del settore preoccupati che il giocattolo si possa rompere: «Non dobbiamo permettere che la gente si rovini – dice Carlo Gualandri numero uno di Gioco Digitale e futuro ceo di Bwin Italia –. È una questione etica, ma anche industriale. Il danno d'immagine sarebbe enorme». Insomma secondo Gualandri è un problema di cultura del gioco: «Dobbiamo essere sicuri che i nostri utenti siano in grado di gestire le proprie risorse». Insomma è una partita ancora tutta da giocare, ma che ingolosisce le imprese del settore. «La spesa – incalza Lorenzo Stoppini di Snai – potrebbe aumentare del 33% e inoltre ci permetterà di strappare clienti ai siti internazionali».
C'è poi il tema della liquidità internazionale che sarebbe garantita dal libero accesso al mercato anche degli utenti stranieri. Per il momento i monopoli non hanno preso alcuna decisione, ma anche su questo fronte gli operatori non sono entusiasti: «Se i tornei diventassero improvvisamente più difficili – spiega Gualandri – per i giocatori italiani potrebbero non essere più così interessanti e molti potrebbero allontanarsi». Ma a preoccupare Fabio Bufalini, country manager di Pokerstars, è piuttosto «la scarsa tutela degli investitori internazionali che spendono per rispettare tutte le regole, peraltro ottime, italiane, mentre ci sono ancora troppi siti pirata contro i quali si fa poco o nulla».
A un anno dal debutto, il poker online dimostra di essere un'industria sana e in crescita che in Italia, nonostante la crisi globale, conta 120mila addetti e circa 5mila imprese. Che contribuisce a fare del gioco «uno dei principali contribuenti dello stato con oltre 7,5 miliardi» aggiunge il direttore generale di Amms. Cifre che potrebbero crescere ancora, perché il bacino utenti è in continuo aumento.
«Oggi gioca a poker a soldi – aggiunge Giacomo Fusina – solo l'1% della popolazione e in generale i giocatori online con denaro sono meno di un milione. Le potenzialità sono enormi. Basti pensare che il 46,6% della popolazione è giocatore abituale di Lotto o Superenalotto».