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L'ultimatum al premier: il Pdl cambi o si muore

di Emilia Patta

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10 settembre 2009


«Non è degno il dibattito in un partito con questo stillicidio di dichiarazioni basate su tre ipotesi: che sono folle, che sono un "compagno travestito" e che aspiro a fare il capo dello Stato». Gianfranco Fini lo aveva detto e lo ripete: non ci sta. Non ci sta in un partito in cui non si discute e non si vota mai, non ci sta in un partito in cui non esiste un luogo appropriato per approfondire i problemi degni di una grande forza moderata di governo, non ci sta in un partito appiattito sulle posizioni xenofobe della Lega o sui dettami della Chiesa. «Quante volte si è riunita la direzione del partito?» chiede a Gubbio di fronte allo stato maggiore del Pdl riunitosi per l'ottava edizione della scuola di formazione del partito. Una platea tradizionalmente berlusconiana, che infatti non ha sottolineato con grandi applausi i passaggi fondamentali. Mai riunita, la direzione del Pdl.

Più democrazia interna, innanzitutto. E poi un elenco di tematiche che è quasi un programma: voto agli stranieri per le elezioni amministrative, nuova legge sulla cittadinanza all'insegna dello ius soli, una normativa sul testamento biologico che «sia frutto del necessario equilibrio e della necessaria condivisione quando si legifera sulla vita e sulla morte», una riforma della costituzione che faccia da necessaria cornice al federalismo fiscale. «Un grande partito non deve solo governare il quotidiano, un grande partito ha il compito di disegnare l'Italia che verrà. Dobbiamo chiederci che cosa vuol dire essere italiani oggi».

Questo il partito delineato da Fini: un partito che lui vuole moderato, laico, pluralista e che guarda alle destre europee dei Tories inglesi e del presidente francese Nicolas Sarkozy. Più che un appello quello di Fini sembra essere un ultimo grido all'insegna del "o si cambia o si muore". Vedremo se nei prossimi giorni sarà accolto da un premier che viene sempre più descritto come «in declino» e «asserragliato nel suo bunker» (sono parole di Alessandro Campi, direttore scientifico dell'associazione finiana Farefuturo). Declino o meno, l'appello-ultimatum di Fini andrà raccolto in qualche modo. Pena un Fini "cane sciolto" nel grande mare del centro. Né basterà una manifestazione in occasione della caduta del muro di Berlino – come riportato da alcuni quotidiani, tra cui il Sole 24 Ore – a far rientrare quello che è ormai un vero e proprio strappo politico. Il Cavaliere è avvertito.

10 settembre 2009
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