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Il Pd e la «morte del socialismo»: le sfide di Rutelli e Veltroni

di Emilia Patta

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29 settembre 2009


«Un partito democratico ancorato a sinistra sarebbe il più grande tradimento delle sue ragioni fondative». E ancora: «Dopo la sconfitta della Spd in Germania mi aspetto che chi ha portato il Pd nell'approdo con i socialisti europei cambi strada, Perché è evidente che è stato un errore, e un errore senza sbocchi».
Francesco Rutelli – per un "fortunato" caso – presenta il suo libro La svolta, lettera a un partito mai nato nel giorno in cui la sinistra italiana si interroga sulla cocente sconfitta subita dai socialdemocratici in Germania. E pone le sue condizioni: fuori dall'Asde, ossia il Partito socialista europeo rinominato Alleanza dei socialisti e dei democratici proprio per fare posto al Pd. E alla domanda «uscirà dal partito se dovesse vincere Bersani» l'ex leader della Margherita non risponde con un sì ma neanche con un no: «La partita è aperta, per quanto mi riguarda. Ma ogni giorno che passa si va in una direzione che sembra già scritta». E dunque...

La strada giusta non è nel solco del socialismo, insomma. Quasi le stesse parole usate da Walter Veltroni in un'intervista al Sole-24 Ore: «Non è più tempo di partiti ancora espressione della storia del Novecento», dice l'ex leader e fondatore del Pd. E pone una serie di questioni per il partito che verrà, se verrà: affrontare i temi dell'allungamento della vita media delle persone mentre il lavoro si precarizza sempre di più e della riduzione fiscale in epoca di medie e piccole imprese. Eppoi la formazione, l'ambiente. Slegarsi infine – sottolinea ancora Veltroni – dall'idea novecentesca che un partito di sinistra debba esprimere il parere del sindacato.

Fa bene l'ex ministro del governo Prodi Pierluigi Bersani a rifiutare l'accusa di voler tornare indietro e a rivendicare di essere stato lui stesso un innovatore: «Basta con le caricature: il progetto del Pd è l'unico possibile per i progressisti e i riformisti italiani». Eppure il rischio che il Pd si chiuda su se stesso in un momento in cui l'Europa si interroga sul senso e la prospettiva della centenaria esperienza socialdemocratica c'è. Al di là della strategia delle alleanze – Udc piuttosto che Di Pietro – e delle rese di conti interne sarebbe bene che l'imminente congresso dei democratici affrontasse almeno in parte le questioni poste da Veltroni, e non solo da lui. Quale risposta può dare un partito riformista e progressista alle sfide della modernità: non è questione da poco, certo, ma è chiaro che la chiave non può essere la calcolatrice delle alleanze.

29 settembre 2009
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