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Docenti e bidelli precari nel paracadute del decreto Ronchi

di Claudio Tucci

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10 settembre 2009


Alla fine, sarà il decreto Ronchi a salvare professori e bidelli precari. Dopo giorni di proteste, da Nord e Sud del Paese, in mutande, sui terrazzi o incatenati alle sbarre dei provveditorati (anche in queste ore, a Roma, è in scena una manifestazione indetta dalla Flc-Cgil davanti al ministero dell'Istruzione), arriva la norma che disciplina i cosiddetti "contratti di disponibilità" in favore di quei lavoratori che, lo scorso anno, sono stati impiegati nella scuola con contratto o supplenza annuale, rimasti a casa dal 1° settembre, a causa della riduzione dei posti.

La disposizione riconosce a queste persone, circa 10-12mila (un numero più esatto potrà essere definito a nomine concluse, presumibilmente, a partire già dal prossimo 15 settembre), in via automatica, l'indennità di disoccupazione ordinaria (886 euro lordi per 8 mesi o per 12 se il lavoratore è ultracinquantenne). In più, ma limitatamente all'anno scolastico 2009-2010, questi lavoratori avranno una sorta di priorità nell'assegnazione degli incarichi brevi da parte degli istituti scolastici. Incarichi che non potranno, però, rifiutare, pena la perdita dell'ammortizzatore sociale. Solo chi accetterà tutti gli incarichi avrà diritto al punteggio per l'intero anno di servizio nelle graduatorie a esaurimento. Ferma restando la possibilità da parte delle amministrazioni scolastiche di promuovere, in collaborazione con le Regioni, progetti della durata di 3 mesi, prorogabili a 8 mesi, che prevedano attività di carattere straordinario, anche ai fini dell'adempimento dell'obbligo di istruzione. La norma specifiche che, in queste attività, dovranno essere utilizzati "in via prioritaria" i precari della scuola percettori dell'indennità di disoccupazione.

Critiche da Pd e sindacati. La norma introdotta nel decreto Ronchi riceve forti critiche da Pd e da una parte dei sindacati. C'è troppa discrezionalità delle Regioni, dicono, e, poi, si salverebbero solo i precari con supplenza annuale e «non quelli che lavorano stabilmente, anche, da 25 anni, ma su cattedre particolari, come educazione fisica o diritto ed economia, che garantiscono solo supplenze attraverso i presidi o spezzoni inferiori alle 18 ore». Il correttivo, aggiungono, potrebbe essere «estendere il provvedimento a tutti i candidati primi nelle graduatorie senza vincoli». Ancora più severo il giudizio della capogruppo in commissione Cultura di Montecitorio del Pd Manuela Ghizzoni, che lamenta il «tentativo di spezzare il fronte dei precari creando una fascia di seria A e una di serie B». La prima, dice, secondo criteri ancora da chiarire, beneficerà della disoccupazione e della possibilità di insegnare attraverso le supplenze brevi di istituto, la seconda sarà costituita dai precari più giovani che fino a oggi hanno vissuto proprio con le supplenze brevi: «per loro Gelmini può promettere solo zero ore a zero euro». Preoccupa, poi, la situazione dei 25.570 docenti e 15.167 dipendenti Ata di cui è previsto il taglio per il prossimo anno.

Il retroscena. Alla fine, l'ha spuntata il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Di contratti di disponibilità, infatti, se ne era iniziato a discutere da prima dell'estate, quando era chiaro, un po' a tutti, che i 42mila tagli, operativi dal 1° settembre scorso, avrebbero tagliato le gambe a moltissimi precari. Il ministro Gelmini aveva, allora, tentato di far inserire la norma salva precari nel decreto anticrisi, approvato ad agosto. Ma era stata stoppata da Via XX Settembre. L'intervento, era stato detto, costa troppo (circa 150 milioni di euro) e, in più, rischia di creare un pericoloso precedente nel campo del pubblico impiego: una corsia privilegiata per i precari di un solo comparto (l'Istruzione), a discapito di tutti gli altri.

La strategia. La Gelmini, però, non si è lasciata scoraggiare e ha cercato soluzioni. I primi di agosto ha siglato un accordo con l'Inps per agevolare le procedure di erogazione dell'indennità di disoccupazione e ha chiamato in causa le Regioni, per mettere in campo fondi ad hoc, utili a incrementare l'assegno "povero". Una strategia che sta raccogliendo consensi. A oggi, infatti, sono già 10 le Regioni che si sono dichiarate disponibili a finanziare, con propri fondi, i progetti salva precari. E, cioè, Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria, Basilicata, Abruzzo, Marche e Veneto. A cui si sono aggiunte, nelle ultime ore, anche, Campania e Lombardia, che, assieme, hanno deciso di mettere in campo ben 35 milioni di euro.

Il contributo determinante di Lombardia e Campania. Particolarmente significativo è stato il contributo della Campania, anche, per il diverso colore politico degli attuali amministratori. La regione guidata da Antonio Bassolino ha svincolato 20 milioni di euro per aumentare del 30% il reddito di quegli insegnanti campani (circa 4mila) che finiranno in cassa integrazione e da impiegare in varie attività, dai corsi di aggiornamento ai programmi contro la dispersione scolastica. Novità simili dal Pirellone, dove Roberto Formigoni ha assicurato ai poco più di 2mila precari rimasti senza lavoro un'integrazione al contributo di disoccupazione fino al raggiungimento del 100% dello stipendio percepito nell'anno scolastico precedente.

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10 settembre 2009
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