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Le sedi e le spese universitarie

I test d'ingresso

Con i quiz paralleli strada chiusa per i talenti

di Roberto Perotti

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Sabato 12 Settembre 2009


Siamo tutti d'accordo che per tornare a crescere è necessario investire in capitale umano; ma ugualmente importante è anche che i talenti siano allocati nel modo migliore. Costruire un ciclotrone da due miliardi di euro e farlo gestire a dei filosofi non servirebbe a molto; né sarebbe molto utile chiedere agli economisti di insegnare sanscrito (qualcuno direbbe anche economia, ma questo è un altro discorso).
È per questo che i test di ammissione che si stanno svolgendo in tutta Italia sono di importanza capitale: essi dovrebbero assicurare che gli studenti più portati a fare i medici vengano ammessi a Medicina, e i migliori fra di essi nelle facoltà migliori. Ma il sistema attuale sembra fatto apposta per ottenere l'effetto opposto.
Il motivo è semplice: tutte le facoltà di Medicina tengono i test di ammissione lo stesso giorno, e ogni test vale solo per l'università presso cui si svolge. Vi sono circa 8000 posti disponibili in tutta Italia; supponiamo che l'università A, la destinazione più ambita, abbia 100 posti. Se tutti gli studenti "migliori" fanno il test in A, il 101-esimo in quel test non sarà ammesso né in A, né in alcuna altra università: non potrà fare il medico, anche se sarebbe un medico migliore degli altri 7900 studenti ammessi nelle altre università. Naturalmente, dato questo rischio, molti studenti decideranno di fare il test in una università mediocre, dove hanno una più alta probabilità di essere ammessi, generando uno scenario surreale in cui conta di più indovinare dove fanno il test i tuoi concorrenti piuttosto che quanto sei veramente preparato. Le generazioni future saranno piene di ingegneri che avrebbero voluto fare i medici se il test di medicina cui hanno partecipato si è svolto prima di quello di ingegneria, o viceversa se il test di ingegneria si è svolto prima di quello di medicina. E l'effetto sul morale di tanti giovani, che vedono ingiustamente infranti i sogni di una vita solo perché hanno fatto il test nella sede sbagliata, ci perseguiterà per decenni.
Questo enorme, assurdo spreco delle risorse intellettuali del nostro paese non ha ragione di essere, e può essere corretto a costo zero.

Vi sono due possibili soluzioni. Ogni facoltà decide di fare il test quando vuole, cosicché lo studente che fallisce il test in A può ritentarlo in B. Il costo di questa soluzione è notevole: ogni università deve formulare il proprio test. Inoltre rimane vero che ogni università "perde" tutti i bravi studenti che fanno il test altrove.
La seconda soluzione non costa praticamente nulla e ha molti vantaggi. Come ora, lo stesso test viene amministrato in tutte le università (o in altre sedi opportune, non importa) lo stesso giorno; ma la classifica è nazionale, non più specifica di ogni università. Lo studente con il migliore risultato in Italia sceglie dove andare, quindi il secondo e così via, fino a quando ogni università ha esaurito i propri posti.
Questo sistema è più efficiente, perché elimina l'enorme spreco di talenti: non conta dove si fa il test, conta solo quanto si è bravi. È più equo, perché uno studente che abita in B e non ha le risorse per andare ad A per fare il test può sempre competere per entrare in A.
È più equo, perché elimina alla fonte tutte le polemiche sulla diversità di trattamento agli esami di maturità. Infine, permettendo ai bravi studenti di ogni regione e di ogni città di scegliere dove andare, toglie il potere ai baroni: se non offrono buoni corsi e buoni servizi, la loro università continuerà a decadere. Naturalmente, perché questo effetto si dispieghi è anche necessario istituire un sistema di borse di studio ai migliori studenti nazionali: ma una condizione necessaria per tale sistema è esattamente che vi sia un test nazionale attendibile.
Alternativamente, se non si vuole usare solo il risultato del test per determinare le ammissioni, stabiliamo che ogni università sia libera di ammettere chi vuole sulla base del test e di altri criteri. L'importante è eliminare il principio che uno studente possa fare domanda a una sola università, una situazione che credo non abbia eguali al mondo.
È francamente difficile comprendere perché un test nazionale, che ha solo vantaggi e nessuno svantaggio, non venga nemmeno discusso dall'establishment accademico (al di fuori dell'establishment, Roger Abravanel da tempo ne propone l'attuazione). Molti rettori sono persone oneste e competenti, che hanno a cuore il benessere degli studenti: mentre è legittimo che cerchino di ottenere più risorse, perché per una volta non si fanno anche portatori di una proposta a costo zero, palesemente vantaggiosa per tutti e facilmente attuabile?

roberto.perotti@unibocconi.it

Sabato 12 Settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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