«È dai tempi di Mussolini che un governo italiano non interferiva sui media in maniera così eclatante e preoccupante». È il giudizio dell'Economist sullo stato dell'informazione in Italia sotto il governo di Silvio Berlusconi. L'articolo del settimanale britannico - titolato «La museruola agli informatori» - prende spunto dalla manifestazione per la libertà di stampa che si terrà sabato 3 ottobre per osservare che i giornalisti e tutti gli italiani «hanno ottime ragioni per essere preoccupati» e dunque «per protestare». L'Economist, nel numero in edicola domani del quale è stata diffusa un'anticipazione, ricorda le richieste di danni avanzate dal premier nei confronti dei quotidiani la Repubblica e l'Unità (quest'ultima, scrive, «potrebbe chiudere» se dovesse risarcire Berlusconi con i 2 milioni di euro che le sono stati richiesti); la presenza di numerosi media direttamente o indirettamente riconducibili al presidente del Consiglio; e «l'assalto senza precedenti lanciato alla Rai», con riferimento alla trasmissione "Annozero", dove è stato concesso spazio ad «una donna (Patrizia D'Addario) che sostiene di essere stata pagata per trascorrere una notte con il primo ministro».
Non a caso quindi, secondo il settimanale britannico, l'ultimo rapporto sulla libertà d'informazione della Freedom House declassa l'Italia al 73/esimo posto su 195 Paesi analizzati: uno Stato solo «parzialmente libero», appena un gradino sopra la Bulgaria. «Almeno sotto questo punto di vista - è l'analisi del settimanale - l'Italia di Silvio Berlusconi si sta allontanando dall'Europa occidentale per somigliare alle più deboli democrazie dell'Est».