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I paletti di Fini e il ribadito asse con il Colle

di Emilia Patta

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8 ottobre 2009


«L'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare e di riformare il Paese, conferitogli dagli elettori, non può far venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il Capo dello Stato». Dopo avere assistito con grande irritazione e preoccupazione agli attacchi del premier contro Giorgio Napolitano («è di sinistra», è tornato a ribadire anche stamattina) e contro i giudici della Consulta colpevoli di aver bocciato il lodo Alfano, Gianfranco Fini ha fissato così i suoi paletti. E il messaggio è chiaro: come co-fondatore del Pdl ribadisce il suo sostegno al governo e garantisce l'impegno ad andare avanti con questa maggioranza; come presidente del Camera non può che difendere i ruolo e le prerogative del Quirinale e della Consulta, massime istituzioni di garanzia dello Stato.

Gli fanno eco le dichiarazioni altrettanto preoccupate del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Nicola Mancino: «La rozzezza delle accuse stavolta non ha proprio avuto un limite», ha detto riferendosi alle parole contro Napolitano. Quanto al destino delle riforme sulla giustizia, avverte, «non siano né dispettose né minatorie».

Mai lo scontro istituzionale aveva raggiunto questi livelli, e lo strappo tra Palazzo Chigi e il Colle stavolta sarà difficilmente ricucibile. Anche se i pontieri vicini al premier (stamane a Palazzo Grazioli c'erano tra gli altri Gianni Letta e Fedele Confalonieri) lavoreranno certamente nelle prossime ore in questa direzione. Ma il tempo delle colombe, dopo gli attacchi di ieri, è per ora tramontato. Berlusconi sembra puntare all'assolo contro tutti per superare le regionali di primavera rafforzato dal voto popolare.

Volontà del popolo al di sopra delle istituzioni? Il filo rosso che ha segnato fin dall'inizio questa legislatura emerge qui con tutta la sua drammaticità: da una parte Berlusconi e il suo fastidio per il "teatrino" della politica e per le regole e le garanzie previste dagli istituti democratici; dall'altra l'asse Napolitano-Fini e il rispetto del dettato costituzionale e dei pesi e contrappesi tra poteri da esso previsti. Proprio il ruolo di Fini appare sempre più cruciale per l'esito di questo conflitto: da lui, in queste ore, il no alle elezioni anticipate (d'accordo con il leader della Lega Umberto Bossi) e il ribadito asse con il Quirinale. La maggioranza resta dunque al suo posto e il governo anche. Ma con un premier senza dubbio indebolito dopo la sentenza della Consulta.

8 ottobre 2009
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