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Il «pressing» del Pdl in un clima da resa dei conti

di Emilia Patta

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6 ottobre 2009


«La questione è semplicissima: da un lato c'è un governo votato dalla stragrande maggioranza degli elettori, che vede in Berlusconi un saldo e sicuro presidio della democrazia. Dall'altro una serie di forze che cercano continuamente di sminuirne l'operato nel tentativo, del tutto vano, di arrivare ad un'altra soluzione». È Paolo Bonaiuti, sottosegreterio alla presidenza del Consiglio, a riassumere di prima mattina i termini della questione. Ancora più esplicito Niccolò Ghedini, avvocato di Silvio Berlusconi, nella sua arringa di fronte alla Corte costituzionale: «La legge è uguale per tutti ma non sempre lo è la sua applicazione».

Tra stasera e domani la Corte costituzionale sarà chiamata a decidere sulla legittimità del Lodo Alfano che "protegge" le 4 più alte cariche dello Stato dai procedimenti giudiziari durante il loro mandato. In caso di bocciatura le conseguenze per il premier Silvio Berlusconi sarebbero immediate: quattro i procedimenti penali che lo vedono coinvolto, il più importante dei quali riguarda il caso Mills, l'avvocato inglese già condannato a 4 anni per corruzione in atti giudiziari.

Evidente il pressing del Pdl, unito nel ribadire la legittimità del governo a governare contro tutti i «disegni eversivi». Compreso, par di capire, anche l'eventuale operato dei giudici costituzionali. E mentre si evoca lo scenario di elezioni anticipate in caso di bocciatura del "lodo" (ipotesi subito smentita sia da Gianfranco Fini sia da Umberto Bossi), alle tensioni per l'attesa della sentenza si mischiano nella maggioranza le reazioni e i commenti alla sentenza del tribunale di Milano che venerdì scorso ha stabilito il risarcimento record di 750 milioni della Fininvest alla Cir di Carlo De Benedetti per la cessione della Mondadori di 15 anni fa.

Vecchi e nuovi fantasmi si intrecciano dunque in queste ore nell'ormai decennale guerra tra politica e giustizia. Facendo della sentenza della Consulta, pericolosamente, una sorta di giudizio finale sulla supremazia di un potere sull'altro. Da qui le dichiarazioni degli esponenti del Pdl tese a ricordare che il governo «è stato votato dalla stragrande maggioranza dei cittadini» e «porterà in ogni caso a termine la sua missione».

Antonio Di Pietro continua intanto con i suoi attacchi («questo governo è il tumore della democrazia», è la frase di oggi), mentre nel Pd prevalgono posizioni di cauto attendismo. «Le sentenze vanno rispettate, i cittadini le rispettano, anche Berlusconi deve rispettare le sentenze. Non credo a meccanismi a orologeria», si è limitato a dire il prossimo probabile leader del Pd Pier Luigi Bersani.

Una miscela esplosiva, insomma, su cui vigila con estrema preoccupazione l'occhio di Giorgio Napolitano.

6 ottobre 2009
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