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Rutelli lascia e guarda all'Udc, il Pd «tiene»

di Emilia Patta

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27 ottobre 2009
Pierferdinando Casini e Francesco Rutelli agli stati generali Udc dello scorso settembre (Ansa)

«Occorre uscire dai binari tracciati, inizia un tragitto diverso, sono al servizio di un'offerta politica che permetta di governare l'Italia senza lasciarla nella mani di un populismo che sta logorando irrevocabilmente il Paese, l'economia e la società lasciando crateri e non orizzonti per il futuro della politica». L'ex leader della Margherita Francesco Rutelli annuncia così la sua prossima uscita dal Partito democratico che ha contribuito a fondare. Lo sguardo è senz'altro rivolto all'Udc, ma tempi e modi sono da definire.

Se Michele Vietti manda a Rutelli gli auguri di «benvenuto», parlando di «possibili alleanze con il Pd», Pier Ferdinando Casini è più cauto: «Ho grande rispetto per le scelte altrui. Rispetto le persone come Rutelli che fanno una scelta politica in base a valori che sono affini ai nostri. Mentre una persona è impegnata in una battaglia nel suo partito non serve il gossip sulle destinazioni». Casini parla di un nuovo partito di centro nel 2010. Rutelli va dunque verso la creazione di un suo movimento per poi confluire in un partito di centro che raccolga esperienze diverse: «Unire persone diverse», ha detto ieri.

Quanto al Pd, l'importante è capire nelle prossime settimane chi e quanti seguiranno Rutelli. Si parla di un gruppo di venticinque parlamentari, tra cui la teodem Paola Binetti e l'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi. Ma se il neosegretario Pier Luigi Bersani riuscirà a tenere dentro il partito il grosso degli ex popolari e dei cattolici potrà dire di aver vinto la sfida senza subire grosse perdite. Lo ha detto ieri il "padre" dei democratici Romani Prodi: «Se qualcuno se ne va non succede niente, ma globalmente il partito resterà unito perché le primarie sono un grande segno di democrazia». E lo stesso Prodi aveva fatto notare mesi fa che lo schierarsi di importanti ex popolari come Enrico Letta e Rosy Bindi con Bersani e di importanti ex diessini come Piero Fassino con Franceschini dimostrava un «amalgama» riuscito al di là dei risultati. E non a caso Fassino, con una punta di orgoglio, fa notare che il Pd oggi sopravvive anche grazie a lui, che con il suo sostegno a un ex popolare ha fatto in modo che la sfida per la segreteria non si risolvesse in una resa di conti tra ex.

27 ottobre 2009
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