«È normale che in un partito del 35/40 per cento come il Popolo della libertà ci si confronti anche su idee diverse, ma in campagna elettorale non si deve andare in ordine sparso, occorre fare squadra». Il richiamo all'unità viene a sorpresa da Gianfranco Fini, che ieri da Genova ha rilanciato la candidatura di Sandro Biasotti a governatore della Liguria. «Il presidente della Camera non può e non deve fare comizi – ha detto – ma non rinuncio per questo a esprimere le mie opinioni e vi dico che se fossi un ligure voterei sicuramente per Biasotti».
L'appello di Fini all'unità del partito ha un duplice significato: da una parte, mentre al Senato sta andando in scena lo scontro interno alla maggioranza sulla giustizia, vuole essere un messaggio di rassicurazione al premier. Le divisioni politiche tra i due cofondatori e le opinioni diverse su molti argomenti – giustizia, immigrazione, bioetica, gestione del partito – non devono far dimenticare l'immediato obiettivo comune: vincere le elezioni regionali.
Ma dall'altra l'appello di Fini appare come un forte richiamo a Nicola Cosentino, il coordinatore campano del Pdl nonché sottosegretario all'Economia nonché candidato alla presidenza della Campania prima che la procura di Napoli chiedesse alla Camera l'autorizzazione all'arresto per concorso esterno in associazione mafiosa. Cosentino ha incontrato ieri il premier e ha riferito che non gli è stato chiesto di dimettersi né di rinunciare a correre in Campania: da parte sua Berlusconi ha detto che decideranno gli organi di partito. La conclusione è che il potente sottosegretario non molla, e la vicenda rischia di trasformarsi in un «caso Bassolino» del centro-destra. Da qui l'invito di Fini: quando si decide tutti rispettano le decisioni. Vedremo nei prossimi giorni.