In realtà l'articolato messo a punto da Niccolò Ghedini – che pure ha concepito il testo in modo da non configgere con i nuovi tempi previsti dal processo breve – è apparso ad alcuni ministri di provenienza FI (perplessità, pare, sono state espresse soprattutto dai ministri Claudio Scajola e Raffaele Fitto) come troppo restrittivo e in possibile contrasto con altri provvedimenti della maggioranza all'esame del Parlamento, processo breve e Ddl intercettazioni in primis. Da qui il sovrappiù di riflessione. E da qui, anche, l'irritazione dei finiani. Che della questione morale volevano fare un cavallo di battaglia in campagna elettorale anche per tamponare i possibili ricaschi elettorali negativi delle inchieste in corso.
Ad ogni modo l'impianto generale, almeno in linea teorica, è stato condiviso da tutto il governo: aumentare le pene per i reati inerenti la corruzione, con una aggravante in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, e norme sull'ineleggibilità dei condannati con sentenza definitiva. Nelle prossime ore la mediazione, che non si annuncia semplice, tra "falchi" e "colombe".
Facile la critica dell'opposizione. «Solo un annuncio», è il coro del Pd. Che mette anche in evidenza l'incongruità dell'annunciata stretta anti-corruzione con i provvedimenti già presentati. «Ma di che parlano? – dice Pier Luigi Bersani – Berlusconi ritiri il processo breve, che è una sostanziale sanatoria per i colletti bianchi. Altro che Ddl corruzione».
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