«Oggi alcuni giornali parlano di un asse Franceschini-Bersani. Io dico solo una cosa: ho visto troppe volte, fin da ragazzo, questo virus per cui nel nostro campo, lasciamo stare che sia l'Unione l'Ulivo o il Pd, quando c'è un leader lo sport principale è indebolirlo. È un destino toccato a tutti: a Veltroni, a me». L'ex leader del Pd Dario Franceschini – capogruppo alla Camera e co-fondatore con Walter Veltroni della corrente di minoraranza interna "Area democratica" – non poteva essere più chiaro nel rispondere ai malumori dei veltroniani sulla sua presunta scarsa intransigenza nei confronti della leadership bersaniana. Basta con il «virus» del passato, ossia indebolire il leader di turno, al segretario va comunque assicurata lealtà.
La vicenda umbra, con la spaccatura della minoranza e il ritiro del candidato veltroniano Mauro Agostini dalla corsa alle primarie, ha lasciato evidentemente un solco profondo all'interno della minoranza. Anche l'appoggio di Franceschini e dei franceschiniani alla candidatura di Massimo D'Alema a presidente del Copasir è stata mal vista dai veltroniani. Ora, con Franceschini che assicura lealtà a Bersani e con Piero Fassino che sta lentamente tornando verso il segretario dopo averlo contrastato nel periodo congressuale (per non parlare delle manovre di avvicinamento di Giuseppe Fioroni e degli ex popolari che al congresso erano contro Bersani), Veltroni rischia di restare isolato. E i suoi non escludono una "corrente" autonoma: il lancio della sua fondazione "Democratica" è stato rimandato proprio in vista di un chiarimento con Franceschini.
Quello che occorrerebbe per ridare slancio al partito lo spiega un veltroniano doc come Walter Verini, consigliere politico del fondatore del Pd: «La sola politica del risiko delle alleanze non può comporre le difficoltà – dice – Certamente dobbiamo lavorare per un raccordo molto stretto tra tutte le forze di opposizione. Ma una cosa è dialogare con gli altri da una posizione di forza, un'altra è dialogare da figli di un dio minore. La società è come uno stadio – è la metafora di Verdini – e noi dobbiamo parlare a tutto lo stadio per convincerne la maggioranza, non solo alle curve. Ricordiamo la vocazione maggioritaria? Ecco». Per i veltroniani le ultime vicende, a cominciare dalla disfatta delle primarie pugliesi, «hanno dimostrato che puntare tutto sull'accordo con l'Udc è quantomeno rischioso». Su questo sarà battaglia il giorno dopo la chiusura delle urne. «Non ci saranno spargimenti di sangue – spiega ancora Verdini – ma occorre una riflessione su quanto fatto negli ultimi mesi».
Certo, se "Area democratica" si dovesse sfaldare e Franceschini dovesse formalizzare nei prossimi giorni il suo avvicinamento a Bersani, per Veltroni tutto diventerebbe più difficile.