Non solo Mezzogiorno: la preoccupazione lanciata ieri dai vescovi italiani per lo stato della democrazia nel sud d'Italia riguarda «l'intero Paese». Parla a radio Vaticana il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, all'indomani della pubblicazione del documento 'Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno', che ha visto la luce peraltro in un momento molto delicato per la vita politica, visto che manca un mese alle elezioni regionali. Crociata, vescovo del sud (è stato titolare della diocesi di Noto e da un anno e mezzo guida la macchina della Cei), è solitamente prudente, ma quando deve parlare non fa mancare la sua voce, come accaduto la scorsa estate durante la vicenda delle escort.

«Lo sguardo all'intero Paese - ha detto ieri il vescovo - è una preoccupazione di primo piano del documento. Voglio però precisare che intendiamo democrazia in senso lato, cioè nel senso dello sviluppo, della crescita, del cammino del Paese, non in senso riduttivo. A questo proposito voglio dire che non è un caso che i vescovi abbiano voluto metterlo nel titolo: cioè, sono tutti i vescovi italiani che guardano all'intero Paese e nel guardare all'intero Paese devono rilevare - con preoccupazione - il ritardo grave, persistente di una parte di esso. Quindi l'attenzione dei vescovi - ha aggiunto - è intenzionalmente rivolta a questa visione d'insieme, al desiderio che tutto il Paese cresca. Dunque, nemmeno sarebbe legittimo guardare e considerare il Sud come un problema a parte, un problema da isolare, una malattia da tagliare fuori dal circuito».

Il documento sul Mezzogiorno della Cei - presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco - ha avuto una lunga gestazione: la prima bozza fu analizzata in settembre, poi se ne discusse durante l'assembela straordinaria di Assisi in novembre e alla fine è stato approvato.

Crociata ha sottolineato che «la crescita, lo sviluppo, il superamento delle difficoltà non viene soltanto dalla disponibilità di maggiori risorse, vorrei dire anche non soltanto dall'utilizzazione effettiva, più di quanto non si sia fatto, delle risorse economiche e strutturali disponibili, ma dalla crescita di una coscienza civile». A partire dalla formazione delle giovani generazioni.

E di giovani ha parlato anche monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazzara del Vallo: «Il ruolo della chiesa nella lotta alla mafia deve essere educativo. I giovani siano consapevoli che bisogna andare avanti con le proprie forze e le proprie competenze, senza raccomandazioni o collusioni con la mafia» ha detto il presule durante il quarto incontro del ciclo di conferenze del Progetto educativo antimafia 2009/2010, promosso dal Centro Pio La Torre.