Anche in Lombardia, l'impresa di presentare le liste non si è rivelata facile (per il centro-destra). E non mi riferisco a difficili equilibri e delicati dosaggi, che restano l'ingrediente irrinunciabile di ogni elezione, quanto alla capacità stessa di farsi accettare alle elezioni, presentandosi con tutte le carte e i timbri del caso. Evidentemente, all'interno dei partiti la professionalità si è deteriorata. Speriamo allora in quella dei candidati, che hanno iniziato a scalpitare per convincerci a votarli. Nelle regionali, infatti, si combatte ancora la guerra delle preferenze; e, dunque, le liste devono garantire una varietà di offerta, che consenta di coinvolgere, se non di soddisfare, le varie fasce di elettorato.
Le proposte di candidati alle elezioni regionali della Lombardia curiosamente rispecchiano – generalizzando al massimo, naturalmente – alcune tendenze comuni: una presenza femminile assestata intorno al 30; un'età media non da principianti, vicina ai 50 anni; e un largo ricorso a figure che si accostano in questa occasione alla politica.
Naturalmente, non bisogna dimenticare che le liste, tutte le liste, sono fatte anche di riempitivi: militanti che accettano di mettere il proprio nome senza alcuna speranza di riuscire, solo per fedeltà,o in vista di investimenti futuri. Perciò, sarà interessante effettuare questo tipo di analisi tra poche settimane, sul campione degli eletti, dove verificheremo se le tendenze che emergono dalle liste (per esempio, la larga presenza di non professionisti della politica) saranno confermate tra i neo-consiglieri.
La carica dei neofiti può apparire un fenomeno interessante, ma si presta anche a qualche considerazione di prudenza, se non di scetticismo. In primo luogo, non dobbiamo dimenticare che molti neofiti catapultati al centro della politica non sempre hanno assicurato prove spettacolari (neofita era anche il presidente della Regione Lazio).
Una seconda osservazione interessante si può ricavare dalla considerazione dell'età media dei candidati che,come abbiamo visto,corrisponde a quella nella quale un lavoratore, autonomo o dipendente, è presumibilmente nel pieno delle proprie potenzialità.
Cosa significa abbandonare attorno ai cinquant'anni la professione per la politica?
Si può trattare di una grande prova di responsabilità civica, ossia del desiderio di offrire un contributo alla comunità nel pieno della propria carriera. Ma anche del sospetto che, magari,la politica possa offrire una scappatoia a carriere di non straordinario successo. Insomma,per i candidati della Lombardia la politica è un mestiere, magari di ripiego, o un'autentica vocazione di forte impronta etica e di autentico stampo weberiano?
Di nuovo, giudicheremo quando vedremo chi sarà stato eletto.
Significativa risulta anche la presenza di liberi professionisti, che sono oltre un terzo.
Naturalmente, dietro una partita Iva si possono celare professionalità incerte, ma non si può negare la variegata presenza di numerose competenze: da alcune new entry delle quali molto si è discusso (che non cito per non violare la par condicio), a professioni molto più tradizionali( all'interno delle quali spiccano i giornalisti: chissà cosa ci rende così appetibili...).
Rispetto a questa massa di lavoratori autonomi, di nuovo, c'è da chiedersi con che spirito essi si avvicinino alla politica: spero non coltivino l'equivoco che chi proviene dalla vita civile sia necessariamente migliore di chi onestamente (e sottolineo l'avverbio) ha fatto politica per tanti anni. E che la politica possa ridursi a una gestione tecnicistica della cosa pubblica.
Come un Comune,una Regione non è un'azienda: nel bene e nel male. Non è meglio e non è peggio. È diversa.
E la politica non è un asettico confronto fra soluzioni tecniche, ma un robusto e corposo scontro di interessi non meno che di idee.
Non resta che sperare, perciò, che i candidati alla Regione, nelle prossime settimane, ci spieghino le proprie idee e ci facciano capire a quali interessi si rifanno. Purtroppo, hanno già cominciato ad affliggerci con faccioni mediamente inespressivi e con slogan tendenzialmente vacui: è un peccato che, proprio dalla campagna elettorale, i non professionisti della politica non riescano a fare emergere un approccio diverso, che li renda davvero diversi e maggiormente credibili.
Sempreché,e qui sta il mio dubbio, diversi siano davvero. E che il rinnovamento verbale delle liste non rappresenti un'operazione di facciata che non intacca vecchi metodi, leadership radicate e d'equilibri immodificabili.
Mala politica, si sa, è sempre capace di sorprenderci: e dunque,adesso,assumiamoci noi elettori la responsabilità di studiare le liste e, magari, qualche curriculum.