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Dalla Consulta semaforo verde al decreto salva-liste

di Celestina Dominelli

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18 marzo 2010

La Corte costituzionale ha respinto l'istanza presentata dalla Regione Lazio che chiedeva la sospensione in via cautelare del decreto salva-liste. I giudici sono ora riuniti in camera di consiglio per stendere le motivazioni del rigetto che saranno depositate in serata.

La Consulta ha quindi escluso il «danno grave e irreparabile» che, secondo i legali della Regione, avrebbe investito il regolare svolgimento delle elezioni nel caso in cui le consultazioni del 28-29 marzo si fossero svolte «sulla base di norme suscettibili di declaratoria di incostituzionalità». La Corte si pronuncerà quindi solo tra uno o due mesi, cioè dopo le elezioni, sul merito del decreto salva-liste.

L'ordinanza della Corte costituzionale
«L'eventuale sospensione dell'efficacia» del dl "salva liste" «non potrebbe rimuovere in via definitiva la condizione di precarietà che caratterizza l'imminente competizione elettorale, in ragione della vigenza di un decreto legge non ancora convertito ed al momento già oggetto di ulteriore ricorso in via principale» dinanzi alla Corte Costituzionale. Così i giudici costituzionali nell'ordinanza n.107 depositata in serata in cancelleria, scritta dal vicepresidente della Corte Ugo De Siervo, hanno inoltre riconosciuto che la condizione di precarietà dell'imminente appuntamento elettorale è «in sé suscettibile di generare gravi incertezze che si potrebbero ripercuotere sull'esercizio di diritti politici fondamentali e sull'esito stesso delle elezioni», ma in ogni caso 'permarrebbe con identica gravita« anche nel caso in cui fosse accolta la domanda di sospensione cautelare del decreto legge 'salva listè.

Infatti, «ben potrebbe verificarsi» che il giudizio di legittimità costituzionale sul decreto, che la Corte pronuncerà nel merito solo in futuro, «si concluda definitivamente con una pronuncia di non fondatezza, ovvero di inammissibilità»; in tal caso - sottolinea la Consulta - la sospensione dell'efficacia del dl «potrebbe produrre un danno analogo, per qualità ed intensità, ai diritti e agli interessi implicati dallo svolgimento delle elezioni, che deriverebbe, in senso uguale e contrario, dall'applicazione delle disposizioni censurate».

Quindi - conclude la Corte - in questo caso «non è possibile affermare che sia prevalente il danno derivante dal perdurare dell'efficacia del decreto-legge censurato«. Per l'assenza di «periculum in mora» la richiesta di sospensiva cautelare del decreto legge è stata pertanto rigettata.

18 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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