Su un punto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, è chiarissimo: il rapporto con la Lega Nord è strategico non solo per il nord, ma per tutta l'Italia. Attenzione, però, a non farsi fagocitare dagli alleati del Carroccio. «Certo se il Pdl è una fotocopia della Lega perché uno dovrebbe votare la fotocopia e non l'originale?». Tradotto: il Pdl può avere un ruolo di leader della coalizione di centro-destra «nel momento in cui – chiarisce Fini – essere differente alla Lega senza appiattirsi in tutto sulle posizioni del Carroccio». Poi il presidente della Camera fissa un paletto chiaro. «Il presidente del Consiglio rilancia l'ipotesi del presidenzialismo: mi fa piacere ma in questa legislatura sarà complesso affrontare la questione. Se la maggioranza deciderà di seguire questa via, non è detto che l'opposizione le vada dietro. Mi auguro che non ci si fermi ai titoli dei giornali».
Il suo è dunque un invito al dialogo che Fini affianca alla riflessione sui temi a lui più cari. Cercando di bypassare la polemica sui numeri della manifestazione del Pdl che ha opposto il Viminale allo stato maggiore del partito. Lui, sabato in corteo, non c'era e la sua assenza non è passata inosservata. Ufficialmente non ha partecipato per via del suo ruolo istituzionale. Più di qualcuno, però, ha visto nella sua scelta una presa di distanza rispetto alla piazza. Vero è che il co-fondatore del Pdl non ha mancato in privato di manifestare qualche perplessità su alcuni passaggi della manifestazione. E soprattutto si è schierato con il ministro dell'interno, Roberto Maroni, a difesa dell'operato del Viminale nella guerra dei numeri che ha fatto seguito al corteo di sabato.
Una querelle che, però, ha voluto tenere lontana da Verona dove è arrivato per presentare il suo libro "Il futuro della libertà" e dove ha provato a riportare l'attenzione sui temi a lui più cari. A cominciare dall'immigrazione. «Anch'io non ho la ricetta – dice il co-fondatore del Pdl – ma sono convinto che occorre discutere senza paraocchi».
L'analisi di Fini prende le mosse dai recenti successi delle destre nazionaliste in Francia e Olanda per spiegare che «bisogna capire l'origine di certe votazioni: non vince la xenofobia, ma la politica ha il dovere di dare delle risposte a un disagio forte». Perché quei successi, sottolinea Fini senza troppi giri di parole, rappresentano «una risposta emotiva a un'insicurezza che deriva da un'assenza di politiche». Poi si sofferma sul forte astensionismo che ha segnato la consultazione transalpina, auspicando che un simile fenomeno non si ripeta anche da noi «e che gli italiani chiamati alle urne ci vadano».
La politica, però, deve impegnarsi e, «fermi restando la sicurezza e i doveri», prosegue Fini, «dobbiamo occuparci del terzo anello della catena», assicurando agli immigrati gli strumenti per una piena partecipazione. Le idee del presidente della Camera sono note e da Verona Fini non manca di rimarcarle, ricordando che una delle soluzioni potrebbe essere la concessione del voto amministrativo. «Non dico che sia la panacea di tutti i mali – chiarisce – ma dobbiamo interrogarci su cosa crei l'integrazione». Con l'Islam, poi, aggiunge, «ci si deve porre in maniera particolare il quesito dell'adesione ai valori». La convivenza con quel mondo non è facile, Fini non lo nasconde, «perché non è secolarizzato». Ma non bisogna comunque eludere il problema che andrà affrontato subito dopo la campagna elettorale.
Campagna che, per il momento, è segnata soprattuto dallo scontro tra i due poli. Le elezioni sono vicine e i toni si fanno via via più vivaci. Così il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, giunto a Bologna per sostenere l'aspirante governatrice del Pdl, Anna Maria Bernini, coglie l'occasione per lanciare qualche staffilata agli avversari. «Lei – spiega alludendo alla Bernini – è giovane, brava e anche una "bela sceta" (bella ragazza, ndr). Mentre il mio amico Vasco Errani sarà una bravissima persona, però l'è un po' più picinin. Noi lo chiamiamo il gatto nero – rincara –. L'ho sempre chiamato così perché è furbo come un gatto, però "el purta un po' mal"».
Le sue parole sollevano però l'immediata replica del candidato dell'Udc, Gian Luca Galletti. «Mi daranno del comunista ma non mi interessa. Stavolta difendo Errani. Trovo di pessimo gusto e frutto di una cultura ignorante attaccare l'avversario, come ha fatto oggi Calderoli». Il ministro sembra però in vena di ironie e non risparmia nemmeno una battuta sul caso Delbono. «Lei deve fare il governatore, non il capo dell'opposizione. Altrimenti chi ce le dà le carte di credito per andare in vacanza?», arringa il ministro alludendo allo scandalo che ha travolto l'ex sindaco e la sua compagna.
Il clima si fa dunque incandescente e non mancano anche nuove polemiche sulla manifestazione di sabato del Pdl. A sollevarle è il presidente del Copasir, Massimo D'Alema. «C'è bisogno di una politica attiva, quella che risolve i problemi delle persone, il lavoro, la cassaintegrazione. Insomma la verità del paese, non le bugie e la demagogia del presidente del Consiglio».