Il suo futuro lo vede ancorato nel Pdl ma il partito, cosi com'è, non gli piace. Questa in sintesi la risposta di Gianfranco Fini ai giornalisti che, in occasione della presentazione del suo libro «Il futuro della libertà», gli chiedono se il suo di futuro sarà ancora con il partito creato con Silvio Berlusconi.
«Avendo contribuito a fondarlo sono affezionato al Pdl - dice il presidente della Camera - Mi sono assunto la responsabilità di consegnare al giudizio della storia 50 anni di vita nazionale cominciando con l'Msi sino ad An. Non eravamo alla canna del gas, An aveva percentuali a due cifre, ma ci siamo presi la responsabilità di dare vita ad un nuovo soggetto politico perché credevamo nel bipolarismo, nell'alternanza e nell'europeismo. Ma se mi chiedete se il Pdl mi piace così come è adesso, la risposta credo l'abbiano capita tutti, non c'è bisogno di ripeterla».
Parole che pesano. E che immancabilmente hanno prodotto un effetto. Diversi parlamentari del Pdl, noti per essere berlusconiani di ferro, hanno lasciato trapelare tutto il malumore del premier per quanto detto da Fini. Berlusconi è stato descritto come «furibondo» e «arrabbiatissimo» con la terza carica dello Stato perché, anche in questa fase turbolenta segnata dal pasticcio sulle liste per le regionali, non ha perso occasione per marcare le distanze. Il Cavaliere, peraltro, ha fatto intendere di recente che non è affatto soddisfatto del Pdl e vuole imprimere alla sua creatura un nuovo impulso anche con una rivisitazione delle sue strutture di vertice.
Un cambio di passo che però, secondo il premier dovrà avvenire dopo le regionali, e avrà come obiettivo quello di fronteggiare i mille rivoli in cui va disperdendosi il Pdl. Berlusconi coltiva già da tempo l'idea di mandare in pensione l'attuale triumvirato Bondi-Verdini-La Russa che coordina il partito per sostituirlo con una unica guida forte e autorevole che rinverdisca l'era Scajola che tante soddisfazioni gli ha dato.
Intanto, a farsi portavoce del fastidio del premier dopo la sortita sarda del presidente della Camera, sono stati alcuni fedelissimi come Osvaldo Napoli, che ha gettato alle ortiche bon-ton e diplomazia: «Nel galateo malfermo della politica - ha detto - non è prevista la gratitudine. Ma neppure è contemplato l'obbligo dell'ingratitudine o del calcio dell'asino». Anche Giancarlo Lehner ha ribattuto indispettito: «Non gli piace il Pdl? E a me non piace lui». Bacchettata pure da Maurizio Lupi, per il quale non bisogna gettare il bambino con l'acqua sporca ovverosia dimenticare quanto di buono è stato fatto fino a oggi. Certo - osserva il vicepresidente della Camera - si può fare di più ma c'è bisogno dell'impegno di tutti».