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Formigoni in pole position per la presidenza delle regioni

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Mercoledí 31 Marzo 2010
Formigoni in pole position per la presidenza delle regioni (Ansa/Daniel Dal Zennaro)

Prossima missione: conquistare il parlamentino dei governatori. Messe in cassaforte altre quattro regioni e raggiunta quota 11, anche se col rebus Lombardo in Sicilia, il centrodestra punta adesso alla poltrona di "presidente dei presidenti", da cinque anni occupata dal centrosinistra con Vasco Errani (Emilia Romagna). I numeri ci sarebbero e la voglia pure, a cominciare dal Cavaliere che vuole sgombrare definitivamente il campo dagli stop di questi anni (all'unanimità) ai suoi provvedimenti.

Federalismo fiscale, sanità, piano casa, edilizia scolastica. Partite che il governo vuol chiudere una volta per tutte. Anche se le incognite non mancano: chi sarà il primus inter pares designato dal centrodestra? La spunterà Formigoni, a oggi il più accreditato ma che «allo stato» nega di essere candidato? E il Sud del centro-destra che farà? O ci sarà un compromesso unitario col centrosinistra? E poi, se lo domandano tutti: che farà, e che vorrà, il Carroccio che per la prima volta, con due governatori di forte peso politico, siede al tavolo dei governatori?

Sarà una partita a scacchi densa di trattative quella per il parlamentino dei governatori. Si deciderà tra fine aprile e i primi di maggio. Formalmente l'aritmetica dice che è pareggio: 11 voti a ciascuno schieramento, dando al centrosinistra anche i voti (talvolta ballerini) di Valle d'Aosta, Trento, Bolzano e Trentino (che ha un voto, indipendentemente dalle due province autonome). Voti che si contano e non si pesano, sebbene il centrodestra abbia 41,8 milioni di cittadini amministrati e il 70% del pil nazionale. Una testa un voto, dice il regolamento dei governatori. Ma sarà impossibile prescindere dal peso specifico dell'insieme delle regioni governate.

Negli anni, soprattutto a partire dalla riforma costituzionale del 2001, la conferenza dei presidenti di regione è diventata lo snodo decisivo nei rapporti tra stato e periferia. Tra competenze esclusive e concorrenti, le regioni hanno marcato a uomo il terreno conquistato. Per non dire di quello che accadrà col Senato federale, quando reciteranno la parte di prim'attore. La presenza dei governatori leghisti sarà allora un viatico per smarcarsi dal centralismo romano, col rischio però di creare tensioni in più con palazzo Chigi e con la maggioranza? O si tradurrà in un gioco di sponda col governo?

Posizioni e scelte sulle partite aperte saranno la prova del nove. A partire dai decreti attuativi del federalismo fiscale, più che mai bandiera leghista dopo la conquista col Pdl del triangolo lombardo-veneto-piemontese. Ma che farà a quel punto il Pdl del centro-Sud (Lazio, Campania, Calabria, Sicilia) che sul federalismo è ultra scettico? Fino a che punto saranno possibili intese e compromessi con la "ridotta appenninica" del centrosinistra più sensibile alle sirene del federalismo?

Anche da queste valutazioni passerà la scelta del prossimo "presidente" dei governatori. La Lega ci proverà ma non otterrà la massima poltrona: è troppo presto, ha due presidenti nuovi. Ma sicuramente punterà su alcune delle 11 commissioni decisive, sanità per prima. Altrettanto difficile affidare la guida a un governatore del Sud, tutti nuovi e con i bilanci a pezzi.

Ecco allora che esperienza e peso specifico, la carta Formigoni sembra la più probabile, a Berlusconi piacendo. Il governatore proprio ieri ha negato: «Sono un presidente navigato, con gli altri presidenti ho lavorato molto bene. Discuteremo insieme» ma «allo stato non sono candidato». Allo stato, appunto. Perché è chiaro che sullo sfondo si temono reazioni interne, e non solo del centrosinistra, contro una nuova "balcanizzazione nordista" e un altro sacrificio pro-Lega che il Sud di centrodestra non accetterebbe. Ma con quali via d'uscita? «Le regioni hanno sempre deciso insieme», è il leit motiv di Errani. Una alternativa sarebbe una presidenza "rossa" di transizione, quasi un risarcimento dopo la fallita presidenza della bicamerale sul federalismo, una soluzione simil Cda Rai per una "presidenza di garanzia", uno "scambio" verso le riforme istituzionali. Pura fantascienza, dicono tutti. E poi, Berlusconi non accetterebbe: è il tempo di sbancare tutto. Per decidere come e chi c'è tempo. (R. Tu.)

Mercoledí 31 Marzo 2010
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