Gli augura buon lavoro, oltre a fargli i complimenti di rito. Anche perché il nuovo Governatore del Veneto, Luca Zaia, si troverà davanti ad una situazione di forte discontinuità rispetto al passato.
«Assume la leadership in uno scenario cambiato dal punto di vista sociale ed economico. Una realtà sotto gli occhi di tutti, che coinvolge imprese e società civile», dice Alessandro Vardanega, il presidente degli industriali di Treviso. E lo spiega in modo ancora più approfondito: «Sono cambiati i paradigmi dello sviluppo, le imprese devono rivedere le proprie logiche di business. E accanto ad una discontinuità dello sviluppo è necessaria una discontinuità politica».

Cosa si attende dalla presidenza di Zaia?
Che attui il suo programma, quel federalismo che il Veneto chiede. Per un motivo fondamentale: il federalismo impone una buona logica di politica amministrativa. I soldi devono essere spesi bene. Per carità, non ci vogliamo sottrarre alla logica della sussidiarietà verso le Regioni più deboli, fermo restando che non debbano più esistere Regioni con un miliardo di deficit sulla sanità e che non presentano il bilancio. Vogliamo realizzare, anche rapidamente, quei cambiamenti che sono indispensabili per la crescita del territorio e quegli interventi, a partire dagli incentivi per l'aggregazione e fare rete, che rendano le imprese più forti e in grado di competere.

Lei parla di nuovi modelli di sviluppo: di che si tratta?
Bisogna puntare su prodotti più innovativi e a minore impatto ambientale. Rivedere come le aziende si rapportano al mercato, tenuto conto delle aree che sono in crescita. Per questo serve una discontinuità politica per realizzare un progetto che guardi al futuro, nell'ambito dei grandi cambiamenti che stanno avvenendo.

Quale progetto?
Evitare che il Veneto sia ai margini di un'area, l'Est-Europa, che comunque per noi ha forti prospettive. Avremo opportunità anche nel Mediterraneo. Bisogna collocare il Nord-Est in posizione baricentrica, anzi come cerniera di collegamento tra queste due aree del mondo.

Quindi, c'è bisogno soprattutto di infrastrutture?
Si, infrastrutture di collegamento della Regione, come per esempio la Pedemontana e la metropolitana di superficie, ma anche una rilettura del territorio, che trasformi il Veneto in una grande area metropolitana. Oggi c'è troppa frammentazione, troppi comuni: solo in provincia di Treviso se ne contano 95. Il frazionamento deve essere ricomposto. Serve una leadership forte per favorire le aggergazioni e ottimizzare le risorse. E poi anche un'azione forte sulla Pubblica amministrazione locale. La discontinuità in corso richiede un progetto a lungo termine per governare gli effetti della crisi e pensare a "quale sviluppo dopo lo sviluppo". Tra i temi urgenti, una dimensione metropolitana, la vocazione logistica, la razionalizzazione dell'offerta formativa, marketing territoriale. È il passaggio da un modello policentrico ad un idea di Veneto integrato. Se chiediamo al piccolo imprenditore di ripensare il suo orizzonte, deve farlo anche il sistema istituzionale.

Galan aveva cominciato l'opera?
Si, Galan aveva capito queste esigenze. Ma ci sono stati problemi di tempi. Ora Zaia deve realizzare ciò che è necessario.

La Lega è il primo partito nella Regione...
Rispetto agli altri partiti la Lega lavora sul territorio, non solo a ridosso delle elezioni, ma in modo costante. È un partito nazionale ma con un forte radicamento territoriale. Si muove in modo coerente. E questo paga.

Come si preannuncia la ripresa?
È ancora debole. Bisogna sostenerla con incentivi alle imprese, destinati in particolare alla crescita dimensionale, alle reti di impresa. Poi occorre una migliore formazione. La società attuale presenta una forte dose di complessità e volatilità. Bisogna essere attrezzati per affrontare cambiamenti repentini ed un tema fondamentale, per affrontare i problemi dell'occupazione, è la riqualificazione.

Il federalismo potrebbe essere l'antidoto contro i tempi troppo lunghi della politica?
Sì, noi vogliamo che si attuino al più presto i decreti delegati. Per affrontare i nostri problemi. I tempi sono un fattore critico. Prima di questa crisi, potevamo anche aspettare che la politica arrivasse in ritardo con gli appuntamenti dell'economia. Adesso, non più: dobbiamo essere molto molto veloci.