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INTERVISTA DOPPIA / Del Debbio e Draghi sulle conseguenze politiche nel Pdl

di Sara Bianchi

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I due esperti di analisi elettorali rispondono sui possibili risvolti politici nel Pdl dopo l'esclusione delle liste in Lazio e Lombardia


Paolo DEL DEBBIO ( Pdl)
Paolo Del Debbio ha scritto il primo programma politico di Forza Italia (nel 1994), insegna Etica ed economia ed Etica dei Media all'Università Iulm di Milano, è consulente in comunicazione strategica di istituzioni e imprese.
Stefano DRAGHI ( Pd)
Stefano Draghi, esperto in analisi elettorali e sondaggi, coordinatore milanese del Pd, insegna Metodologia della ricerca sociale alla Facoltà di Scienze politiche dell'Università Statale di Milano.
Le esclusioni della lista Pdl Lazio e di quella Formigoni sono solo complicazioni tecniche o svelano problemi politici effettivi?
Quando i fatti tecnici sono dovuti a carenze della classe dirigente, come è evidente soprattutto nel caso di Roma, il problema non è tecnico ma politico. Anche i partiti che non vogliono essere tali, ma aspirano a costituire cartelli elettorali devono essere per quell'occasione preparatissimi. Che si tratti di partito pesante, partito leggero, cartello elettorale la cosa non cambia. Ma quanto più il partito diventa leggero tanto più c'è bisogno di una dirigenza pesante.

Il problema politico è molto più grosso, anche se i rilievi sono formalmente corretti. E rappresenta la punta dell'iceberg, perchè dimostra come il Pdl non abbia meccanismi interni che permettono di arrivare a queste scadenze senza il fiato grosso, diventando un luogo di pura competizione individuale. Così i partiti si trasformano in luoghi dove la competizione, sottratta agli organismi poltici addetti alla selezione della classe dirigente, diventa priva di controllo, soggetta a ogni genere di imboscata. L'aspetto tecnico è il corollario di tutto ciò: le scadenze vengono sottovalutate, come pure le esigenze formali, fino ad arrivare a raccogliere firme non verificate.
Come si conciliano partito leggero e dirigenza pesante?
Si può parlare di un partito leggero carente di una dirigenza pesante?
La dirigenza pesante gestisce alcuni settori fondamentali: la parte organizzativa, il rapporto con le istituzioni, le questioni progettuali e contenutistiche, la comunicazione, la formazione. L'idea è quella del celebre fumetto Eta Beta con la testa grossa e il corpo piccolo, come sostiene Giuliano Amato. I partiti devono essere forti nel momento organizzativo, progettuale, comunicativo e formativo, il resto conta meno. Ma si formano sulle gambe di uomini e donne. Bisogna dunque scegliere bene le persone, formarle per poter poi affidargli posizioni cruciali. Si può fare un partito leggero nella struttura, ma pesante nei contenuti, nella presenza e soprattutto nella competenza.

Io penso che il Pdl non sia un partito, non che sia un partito leggero. Non è un partito perchè non è un'organizzazione che funziona secondo regole democratiche, sulla base di criteri di cui si servono normalmente le persone che devono dirigerlo: competenza e professionalità, due cardini dello sviluppo capitalistico. Nel Pdl le scelte sulle liste vengono fatte in base a ciò che decide il "Celeste", non esistono meccanismi reciproci di confronto, di fiducia. C'è solo la logica della competizione, in particolate tra ex aennini e ex forzisti, con utilizzo di ogni sorta di escamotage per inserirsi nella lista giusta. Non è un partito e come tale non ha nemmeno una dirigenza, c'è una sola persona che comanda e gli altri obbediscono. I secondi, terzi, quarti livelli non parlano chiaramente, sono semplicemente yes man, prodotti dalla personalità di Berlusconi. Fini invece si è esposto con le sue opinioni pubblicamente, non potendolo fare all'interno di organismi di partito che non si riuniscono mai, che non decidono nulla. Ma un partito leggero può anche essere molto efficiente.
Quali rischi vede ora per l'affermazione del Pdl alle Regionali?
Ci sono ancora circa tre settimane e mezzo prima delle elezioni e come noto anche nelle amministrative ad essere decisivi sono gli ultimi 15 giorni. Certo, come ha sottolineato Berlusconi, dire che quanto è successo aiuti non è vero. Anzi, è una bella botta per il centrodestra. Ma c'è tempo per risalire la china. La conseguenza più rischiosa è quella dell'astensionismo, non vedo pericolo di passaggi di voti da destra a sinistra. Ma questo non vuol dire che l'astensionismo sia meno grave, può essere letale, può valere tantissimo.

Potremo parlare realmente di rischi nel momento in cui le liste verranno riammesse, dato che se non si può presentare il capolista cadono anche le liste che lo appoggiano e Pdl e Lega non potrebbero competere. Ma tra difetto formale e conseguenze politiche c'è una tale disparità che penso che qualche azzecca garbugli troverà il modo per risolvere la questione. In ogni caso potrebbe esserci un po' di smobilitazione dell'elettorato e alcuni sostenitori del centrodestra, colpiti da questa vicenda, potrebbero rimanere a casa. Ma si tratterebbe di fatti marginali, con influenze nelle due regioni in bilico: Lazio e Piemonte.
Su quale chiave il Pdl potrebbe puntare per superare questo momento?
Tra alcuni imprenditori è tornato un sentiment positivo, allora punterei su quanto si può fare per dare fiato all'economia. Berlusconi ha una tale capacità di recupero dal punto di vista comunicativo, che una volta riammesse le liste, tra 25 giorni, la cosa verrà quasi dimenticata. Anzi, c'è la possibilità che la rivolti a proprio vantaggio, dicendo per esempio che i soliti magistrati hanno tentato di escludere il Pdl dalla competizione elettorale. Ma se le liste non verranno ammesse allora le conseguenze politiche potrebbero essere drammatiche.

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