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Un'intera isola a Dubai: il sogno della «cricca»

di Simone Filippetti

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9 marzo 2010

Sognavano Dubai. Volevano un pezzo del «Mondo», l'ormai ex senatore Nicola Di Girolamo, «Er Fattura» e Gennaro Mokbel, il faccendiere dietro alla truffa da 2 miliardi delle tlc. L'emirato, ora rovinosamente caduto sull'orlo del dissesto, era la meta celebrità dello spettacolo e dello sport: chiunque fosse nel circolo delle star, si comprava un appartamento nella Las Vegas del Medio Oriente, soprattutto a Palm Islands, l'arcipelago artificiale a forma di palma.

E anche la "cricca", scoperchiata dalla procura di Roma che l'accusa di una truffa da 2 miliardi di euro, coltivava ambizioni da vip: comprarsi un'isola artificiale a Dubai. Dopo Palm Islands, il nuovo mega-progetto dell'Emirato era un ancor più grande insieme di isole artificiali, stavolta più di 300, la cui forma, vista da un aereo o da un satellite, avrebbe dovuto ricordare il mondo, con i relativi continenti. I prezzi delle isole variavano da 1 a 15 milioni ciascuna. Proprietaria quella stessa Dubai World, il braccio immobiliar-finanziario dell'emirato, che a fine novembre è arrivata a un passo dal default soffocata da debiti per 60 miliardi di dollari. E, assieme, alla holding anche i faraonici progetti sono finiti nel freezer.

In realtà più che al jet set e alla Dolce Vita, o imitare divi come David Beckam (proprietario di un immobile a Palm Islands), il club Mokbel puntava a investire milioni di dollari in una speculazione immobiliare che, rivela lo stesso Di Girolamo a un suo interlocutore in un'intercettazione telefonica, nel giro di un anno e mezzo avrebbe reso un guadagno di tre volte tanto: «C'ho dei clienti che vogliono prendere l'esclusiva per acquistare tutta la parte relativa all'Italia» rivelava al cellulare l'uomo politico, costretto alle dimissioni la settimana scorsa. Così, nella primavera del 2007 il gruppo parte alla volta di Dubai. Al viaggio verso il paradiso degli sceicchi partecipano Di Girolamo ed «Er Fattura». C'è anche una donna, Giorgia Ricci, la moglie di Gennaro Mokbel, l'uomo che, secondo le intercettazioni, sarebbe il vero dominus di tutta la vicenda. Il blitz nell'Emirato va come sperato, perché alcuni giorni dopo il rientro, ai primi di maggio, è ancora Di Girolamo, al telefono, ad aggiornare un tale Nino, che gli inquirenti non sono riusciti a identificare, sull'esito del viaggio.

L'affare di Dubai getta la luce su un altro personaggio, un esperto di operazioni finanziarie, una figura molto vicina a Mokbel e all'ex senatore. Il faccendiere, che ha una mania per i soprannomi lo chiama icasticamente «Er Fattura»; in altre intercettazioni il nomignolo più comune è «Pin», probabilmente in riferimento ai codici delle carte di pagamento, o anche «Blaide» (forse uno storpiamento di "blade", lama in inglese). Dietro tutti questi nomi, per la magistratura, ci sarebbe Marco Toseroni. Romano, 45enne, un curriculum di tutto rispetto nel mondo della finanza: una laurea al Baruch College di New York, un master Mba, ex dirigente e consulente della 21 investimenti, il fondo di Alessando Benetton, Toseroni al momento delle indagini risultava senior partner di Alcedo Sgr, fondo di Treviso ma, informa oggi la stessa Sgr, già dal 2006 sono cessati i rapporti di lavoro. Toseroni, per i pm, è la vera mente finanziaria del gruppo, l'uomo delle triangolazioni di denaro e degli investimenti in giro per il mondo da qui probabilmente i fantasiosi soprannomi. Dalle intercettazioni, si apprende che Toseroni si occupa di smerciare sulla piazza di Hong Kong i diamanti ricevuti da Mokbel: i suoi interlocutori in Asia sono due giapponesi, Iwasawa Takeshi e un misterioso Mr. Lee. Sempre lui propone al "giro" di Mokbel investimenti immobiliari in Romania e l'apertura di 10 boutique nelle principali città del mondo. Ancora a Toseroni «da un'isola caraibica» arriva un bonifico da «due punto cinque» (2,5 milioni) spiega Silvio Fanella, un altro sodale di Mokbel.

Gli anni di lavoro in corporation americane sono valse a Toseroni una grossa esperienza nel sud-est asiatico soprattutto a Hong Kong, e in Asia. E, casualità, la metropoli è anche una delle mete finali del denaro della presunta truffa: alla Hsbc di Hong Kong Carlo Focarelli, uno degli ideatori dello schema-carosello, e Bruno Zito, il manager di Fastweb responsabile della truffa "Phun Cards", hanno aperto dei conti correnti dove i magistrati sospettano siano finiti parte dei soldi che il clan Mokbel aveva generato con il carosello.

9 marzo 2010
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