Tra i dossier più caldi per i neo-governatori spunta subito una patata bollente: la pillola abortiva. Da domani gli ospedali potranno cominciare ad ordinarla e le prime scatole dovrebbero arrivare dopo Pasqua. Un atteso arrivo che fa tornare alla ribalta il solito dilemma: erogare la Ru 486 in day hospital in modo che la donna possa continuare l'aborto a casa o prevedere un ricovero di alcuni giorni fino all'espulsione del feto?
Le indicazioni del governo e del ministero della Salute in questi mesi sono state molto chiare: tutto il processo abortivo deve avvenire in ospedale. Una posizione netta che qualche regione, dal Piemonte alla Puglia, nelle settimane scorse aveva "sfidato" almeno a parole. Ma che ora la nuova geografia politica uscita dalle urne rimetterà probabilmente in discussione. Come in Piemonte dove, uscita di scena Mercedes Bresso che aveva aperto al day hospital, le posizioni del nuovo governatore Roberto Cota sono di segno contrario.
Di sicuro comunque le regioni dovranno subito affrontare il problema facendo chiarezza con linee guida e indicazioni ad hoc, per evitare fughe in avanti di alcuni ospedali. L'Emilia Romagna, a esempio, lo sta facendo in questi giorni. «Come ministero partiremo subito con un attento monitoraggio per vedere come si comportano le regioni e le singole asl», spiega il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella. Che avverte: «Se le regioni decideranno di non optare per il ricovero si dovranno assumere la responsabilità di rischi per la salute delle donne». La Roccella ricorda, infatti, i «tre pareri scientifici» del consiglio superiore di sanità e il «parere legislativo» inviato alla commissione Ue che «dicono chiaramente come l'aborto farmacologico si deve fare per ricovero». Anche se poi nulla vieta alla donna di rifiutarlo, firmando una "liberatoria" per tornare a casa.
Meno intransigente è Giovanni Bissoni, assessore alla salute uscente dell'Emilia Romagna: «Per quanto autorevole il parere del Css non è vincolante. Il medico che decidesse in piena coscienza per una soluzione diversa dal ricovero non viola di certo la legge, visto che le stesse indicazioni fornite dall'Agenzia del farmaco non prevedono l'obbligatorietà del ricovero».
Intanto l'azienda Nordic pharma che si occupa della distribuzione in Italia del farmaco, «in commercio da più di venti anni, in trenta paesi nel mondo - fa sapere una nota - e utilizzato da più di un milione e mezzo di pazienti», ha già trasferito duemila scatole nel centro di stoccaggio di Settala, vicino Milano. «Sono già arrivate una ventina di richieste – spiega Marco Durini, il direttore italiano –, ma il via ufficiale alle ordinazioni partirà solo dal primo aprile».