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Il preside tenta la finanza creativa

di Chiara Bussi

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22 Marzo 2010
Il preside tenta la finanza creativa (Fotogramma)

«Ciak si gira» e cinque per mille. All'istituto comprensivo Rinnovata Pizzigoni di Milano ai riflettori puntati ormai hanno fatto l'abitudine. «Il nostro edificio costruito ai primi del Novecento, con il muro in mattoni rossi e il giardino – racconta la preside Giovanna Mezzatesta – è già stato utilizzato come scenario per spot pubblicitari, scatti per riviste, soap opera e film. Per noi è un modo per avere risorse aggiuntive: con le riprese fotografiche, ad esempio, riusciamo a guadagnare tra i mille e i 1.500 euro». Dallo scorso anno, poi, la dirigente ha giocato la carta del cinque per mille. «Una scuola statale – spiega – è un'associazione senza fini di lucro, così abbiamo presentato la richiesta all'agenzia delle Entrate e siamo stati accontentati».
Qualcuno l'ha battezzata "finanza creativa", ovvero l'arte di arrangiarsi di fronte a una situazione contabile che è sempre più difficile. Mentre aumentano i fondi regionali per il diritto allo studio a favore delle famiglie (si veda nalla pagina a fianco) le scuole statali lamentano una progressiva riduzione dei fondi pubblici e vantano nei confronti dello Stato crediti stimati tra 1 e 1,5 miliardi di euro. Per far fronte a questa emergenza, presidi e genitori si rimboccano le maniche per restare a galla, destreggiandosi tra le varie voci di bilancio.
Aperitivi musicali, raccolta e rivendita tappi, bancarelle, noleggio aule, ma anche spettacoli teatrali. Tutti all'insegna del fund raising per garantire un potenziamento dell'attività formativa e in alcuni casi anche per acquistare il materiale didattico. Un fenomeno che riguarda le scuole del Nord, ma anche quelle del sud, dalle elementari alle superiori.
«Siamo sempre alla ricerca di finanziamenti», racconta Anna Gennari, che dirige il Polo scolastico 3 di Fano nella Marche. Una presenza sul territorio con due istituti professionali, Volta e Olivetti, un tecnico nautico e l'istituto d'Arte Apolloni che dal prossimo anno scolastico diventerà liceo artistico in seguito alla riforma delle superiori. In tutto 915 alunni e oltre 150 insegnanti. «I nostri crediti nei confronti dello stato ammontano a 260-270mila euro e il budget che il ministero ha messo a nostra disposizione è irrisorio per poter coprire sia le supplenze brevi che le spese il funzionamento. In più gli istituti tecnici necessitano di attrezzature adeguate per poter garantire l'offerta formativa» dice la dirigente, che ha deciso così di fare di necessità virtù in nome della razionalizzazione: le aule di informatica sono state quest'anno interamente rinnovate con la formula del leasing e affittate al pomeriggio per corsi di formazione. Un'altra entrata è rappresentata dal contributo versato del rivenditore di merendine che apre il suo banchetto quando suona la campanella dell'intervallo. «Siamo così riusciti – spiega – a raccogliere fondi che utilizziamo per tirare avanti nella quotidianità, pagando fotocopie, spese di segreteria e di cancelleria».
Al di là delle nuove risorse, in alcuni casi cambia anche l'utilizzo di quelle già disponibili. Succede ad esempio con il contributo volontario che i genitori versano ogni anno con un bollettino postale – in media da 40 a 70 euro a seconda del grado di istruzione – e destinato finora a finanziare iniziative per arricchire l'offerta formativa. Oggi, invece, sempre più spesso viene utilizzato per le spese di funzionamento. E a volte diventa l'unica ancora di salvezza. È il caso dell'istituto comprensivo Cinque giornate di Milano. «A fine novembre la preside Maria Aurelia Messina ci ha chiesto in consiglio di istituto una sorta di prestito fino a un massimo di 3mila euro da prelevare dal contributo delle famiglie per sopperire alle esigenze di cassa per le spese di funzionamento amministrativo, che verrà restituito in tempi migliori» – sottolinea il presidente del consiglio di istituto Pino Foggia –. La stessa dirigente ha ricordato che queste spese non dovrebbero essere a carico delle famiglie, ma da ormai due anni il ministero non versa i fondi necessari per pagare le spese correnti: carta, pennarelli, detersivi, fotocopie. Mi aspettavo una sollevazione dei genitori, invece tutti hanno compreso che stavamo raschiando il fondo».
C'è invece chi a ingegnarsi proprio non ci pensa. È il caso di Franco Febbraro, preside della scuola elementare Principe di Piemonte di Roma: «La scuola è pubblica e non sono d'accordo a finanziarla per sopperire alle mancate risorse dello stato. Non diamo bollettini per il contributo volontario delle famiglie, non chiediamo la carta igienica. I nostri problemi sono più gravi, vantiamo crediti intorno a 400mila euro e non abbiamo più fondo cassa, ma il consiglio di istituto ha deciso di non fare ricorso alla finanza creativa».

22 Marzo 2010
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