L'ultima (ma non ultima) grana è stato l'altolà della Ragioneria generale al contratto dei medici: costa troppo, hanno mandato a dire all'Aran i tecnici di Tremonti. Ad ore si vedrà. Ma è solo un campanello d'allarme davanti alla valanga sanitaria che governatori vecchi e nuovi si troveranno subito ad affrontare, a partire dai neo eletti o confermati del Sud. La miccia dei conti di asl e ospedali soprattutto nelle regioni sotto tutela, il mistero del federalismo fiscale e dei costi standard, lo spauracchio del (futuribile) fallimento politico con tanto di decadenza dei governatori con la spesa in rosso. E se non bastasse, i livelli essenziali di assistenza (Lea) da rivedere e una nuova manovra sui farmaci allo studio. La sanità, che vale mediamente l'83% dei bilanci locali, è la vera mina vagante da disinnescare per le regioni.
Con un rosso cumulato – tra Lazio e Sud – di 3,4 miliardi nel 2009 certificati al tavolo con Economia e Salute, la spesa pubblica sanitaria si conferma il nodo irrisolto dei conti regionali. Con le regioni già commissariate (Lazio, Campania, Molise, Abruzzo) o sotto "semplice" piano di rientro (anzitutto Calabria, Sicilia e Puglia) prime in lista. Lo sanno bene i tre nuovi eletti del centrodestra al Sud, che non a caso proprio alla sanità hanno subito detto di volersi dedicare, da Renata Polverini (Lazio) a Stefano Caldoro (Campania) a Giuseppe Scopelliti (Calabria).
Scopelliti ha ricordato che il governo – come anticipato una settimana fa da Maurizio Sacconi – ha in mente di commissariare la Calabria. E forse, vista la situazione calabrese, neppure gli dispiacerebbe dover prendere decisioni impopolari sotto l'ombrello del governo. Renata Polverini invece ha ripetuto già in campagna elettorale di voler cambiare il piano di rientro dell'ex giunta laziale. Polverini, che sarà la prima donna commissario per la sanità, ha dalla sua la chance concessa da Finanziaria 2010 e «patto per la salute» ai neo governatori: accettare responsabilità ma solo su un proprio piano di risanamento. Salvo che il governo lo accetti. Significherebbe anche chiudere o riconvertire gli ospedali, come il governo ha chiesto al Lazio anche contro le posizioni del centrodestra locale.
Per dire, sarà una sfida per tutte le parti politiche. Con un arbitro, il governo, che vuole e dovrà essere super partes. Ma con problemi immutati sul tappeto. I piani di rientro sono ancora lontani dal traguardo del risanamento, ha ricordato una settimana fa Ferruccio Fazio a Calabria, Molise, Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna, anche se non dappertutto allo stesso modo. Ma le difficoltà incombono anche per le regioni "virtuose".
Senza dimenticare la babele regionale e la scommessa di azzerare i gap: una situazione finanziaria che nel 2001-2009 viaggia dai 1.792 euro di debito pro-capite nel Lazio all'avanzo di 162 euro in Friuli; spese per il personale fino al 2008 cresciute a Bolzano dieci volte più che in Veneto o in Piemonte tre volte più che in Sardegna sui farmaci.
Tirare le somme col federalismo sarà una sfida nella sfida. Con l'aggiunta dell'enigma della Lega tra i governatori: il Carroccio potrebbe chiedere proprio la delega sulla sanità, centrosinistra e Sud permettendo. Intanto la Stato-Regioni deve distribuire i 108 miliardi del fondo 2010 e altri 4 miliardi del federalismo fiscale rimasti ai blocchi di partenza da prima delle elezioni. Forse l'unica nota lieta sanitaria per vecchi e neo governatori.
I NUMERI
3,4 miliardi
Disavanzo totale 2009
Il «deficit» di asl e ospedali
54,2 euro
Disavanzo pro-capite Italia
Il «rosso» per cittadino nel 2009
252 euro
Disavanzo massimo
Il pro capite massimo realizzato nel Molise nel 2009
11,6 euro
Avanzo massimo
L'attivo massimo realizzato in Umbria nel 2009
1.792 euro
Record disavanzi pro-capite Dal 2001 al 2009 nel Lazio