Una bocciatura senza appello più che una semplice sospensione. Le motivazioni con le quali il Tar Lazio ha accolto la richiesta di Telecom Italia Media e di Sky Italia di sospendere il regolamento approvato dall'Agcom per le tv private nazionali, non lasciano troppi dubbi sulla sentenza di merito, fissata per il 6 maggio. Le motivazioni degli avvocati delle parti, nel caso di Telecom Italia Media lo studio VBL, sono state accolte: la delibera impugnata è in violazione della legge sulla par condicio, la legge 28 del 2000 e del distinguo tra informazione e comunicazione politica (le tribune elettorali) effettuato dal «giudice delle leggi», la Corte Costituzionale, con la conseguente illegittimità «dell'applicazione ai primi della disciplina dettata dalla seconda». In più il regolamento dell'Agcom è bocciato ove raddoppia il tempo da ripartire non solo alle liste presentate ma anche ai candidati presidenti di Regione, espressione delle stesse liste.
Ecco gli effetti immediati
1) Le tv private nazionali possono mandare in onda programmi d'informazione, come Matrix o Tetris, ovviamente con criteri di parità tra i soggetti politici, senza però una ripartizione del tempo tra tutte le liste presentate in almeno un quarto dell'elettorato. Vuol dire poter programmare un «faccia a faccia» tra Emma Bonino e Renata Polverini, ad esempio. Le tribune elettorali dovranno essere riviste alla luce della sentenza, a favore delle liste rispetto ai candidati. Mediaset è il maggior beneficiario delle decisione, ma non ha presentato la richiesta di sospensione pur presentando l'esposto contro il regolamento.
2) Il vero sconfitto non è l'Agcom, che ha varato il regolamento "sospeso" ma la commissione di Vigilanza che ha approvato un testo per la Rai che l'Agcom ha deciso, a maggioranza, di riprodurre tale e quale per le private nazionali. A essere sconfitto è chi ha votato quel testo, il centrodestra, che ha rovesciato il senso della legge sulla par condicio per dimostrare che la stessa legge è «impraticabile» e va abolita e i radicali. Quel regolamento per la Rai resta valido ma è «claudicante» come si dice in termine tecnico e dovrebbe essere adeguato alla sentenza del Tar Lazio.
3) Smentita è la maggioranza del Cda Rai, che è analoga a quella che ha votato il testo in Vigilanza, che ha applicato alla lettera il Regolamento della Vigilanza abolendo i talk show di Santoro Floris e Vespa. Il Cda si riunirà con ogni probabilità per modificare quella decisione.
4) Ne esce a testa alta, tra gli altri, il presidente dell'Agcom, Corrado Calabrò, che in una lettera al presidente della Vigilanza ha segnalato i profili di illegittimità del testo approvato in Vigilanza e non ha votato quello approvato dalla commissione servizi e prodotti della sua Autorità. D'altra parte chi lo ha votato era cosciente di tale illegittimità ma non ha voluto creare immediatamente un solco tra il servizio pubblico e le tv private.
5) Questo solco si apre da oggi e andrà riempito dalla Vigilanza e dal Cda della Rai.
6) Domande finali: è regolare la campagna elettorale che si sta svolgendo in realtà nei telegiornali? Non è in violazione della parità di condizione tra i candidati il continuo inquadrare il simbolo di una lista o un candidato? Chi controlla le tv locali? Chi controlla le radio? In un Paese di fan e di tifosi, di concentrazione nei mass media di scarsa abitudine alla concorrenza, il pluralismo è cosa difficile a farsi.