Eppur si muove. La grande liberalizzazione del gas, ritardataria rispetto all'elettricità ma ancor più importante per traghettare i servizi essenziali del nostro paese verso i benefici del mercato, sta finalmente procedendo verso la meta. Perfino con qualche ambizione in più rispetto a ciò che accade negli altri paesi, grazie alla fortunata disposizione geografica della penisola.
«Italia hub del gas» auspicavano molti quotati analisti accreditando le tesi di Alessandro Ortis, che guida l'Authority per l'energia dopo decenni di esperienza tra gli operatori. «Hub del gas» fa eco ora il nostro governo, superando antiche (e politicamente trasversali) timidezze.
Via dunque alla liberalizzazione negli stoccaggi, che se potenziati avvicinano lo scenario dell'hub. Ben sapendo che lo schema di decreto delegato varato dal Consiglio dei ministri contiene un'opportunità ma anche un obbligo, e una possibile trappola.
L'opportunità, che è anche un'obbligo, è quella di far leva sugli stoccaggi liberi per innescare un processo di filiera (approvvigionamento, trasporto, distribuzione del metano) che ha ancora tanti intoppi sulla via della liberalizzazione. E solo un concreto risultato "di filiera" potrà consentire lo sviluppo della nascente e ancora rudimentale borsa del gas, che ben può (e deve) affiancare l'ormai svezzata borsa elettrica.
La trappola è nella tentazione di usare gli stoccaggi semi-liberi semplicemente per trasferire, appunto su un'altra fase della filiera, i tetti antitrust sulla vendita e l'immissione di gas nella rete nazionale in carico all'Eni che scadranno alla fine dell'anno. Il risultato sarebbe modesto, contraddittorio, perfino controproducente.