Gli stranieri dovranno scontare la pena nei paesi d'origine. Il guardasigilli Angelino Alfano, intervenendo alla cerimonia per i 193 anni della polizia penitenziaria, ha sottolineato che il governo ha tra i suoi obiettivi nella politica carceraria «quello di ottenere il trasferimento dei detenuti nei loro paesi d'origine per l'espiazione della pena».
Il ministro ha anche ricordato che il parlamento europeo, su iniziativa italiana, ha approvato nel novembre scorso una risoluzione che getta le basi per il finanziamento delle nuove carceri da parte dell'Unione europea in quei paesi nei quali il sovraffollamento è determinato anche dalla massiccia presenza di detenuti stranieri.
Il carcere non deve essere un'accademia del crimine. Il carcere, ha detto Alfano, «non è più, e non deve assolutamente tornare a essere, un'accademia del crimine». Fondamentale, poi, «che all'interno del carcere non sia consentito a nessuno di affermare, con intollerabili privilegi o sopraffazioni, il proprio rango criminale. All'interno degli istituti penitenziari devono essere riconosciuti i soli valori che reggono la nostra democrazia».
Creati oltre 2mila nuovi posti dietro le sbarre. Il ministro della Giustizia ha anche sottolineato che «nel periodo che va dal giugno 2008 ad oggi, attraverso la ristrutturazione di padiglioni preesistenti e l'edificazione di nuovi, sono stati creati 2.223 nuovi posti detentivi» e che è in corso di attuazione il piano carceri.
La prima finalità del carcere è la rieducazione. Alfano ha ricordato che «la finalità rieducativa» della detenzione in carcere «è talmente importante da essere scolpita a chiare lettere nella nostra carta costituzionale». La polizia penitenziari, ha detto Alfano, è «presidio di diritto dentro le mura carcerarie» ed è «costantemente impegnata al fianco delle strutture antimafia, giudiziarie e di polizia, per garantire la corretta e rigorosa applicazione del regime speciale previsto dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, che contribuisce a smantellare» le consorterie che si creano in carcere, ponendo una netta separazione tra i boss detenuti e gli affiliati ancora presenti sul territorio. (N.Co.)