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Georgia: Saakashvili verso la rielezione, malgrado le delusioni

di Piero Sinatti

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4 gennaio 2008

Il 5 gennaio 3,4 milioni di elettori georgiani, su una popolazione di poco più di quattro milioni e mezzo, sono chiamati ad eleggere il capo dello Stato con voto anticipato deciso dall'attuale presidente Mikhal (Misha) Saakashvili a seguito delle massicce dimostrazioni indette lo scorso novembre dai partiti d'opposizione, che ne chiedevano le dimissioni, e duramente represse dai corpi speciali di polizia.
Sei candidati contendono a Saakashvili la presidenza. L'opposizione non è riuscita a designare un unico candidato da contrapporre al presidente uscente, che ottenne il 95% dei voti nel 2004, dopo la vittoriosa conclusione della cosiddetta Rivoluzione delle rose, appoggiata dagli Usa.

Il rapporto con gli USA
Washington considera la Georgia e l'intera area caspica come parte dei suoi "interessi vitali". Attraverso la Georgia passano le pipeline che trasportano - saltando la Russia - petrolio e gas caspici dai terminali azeri di Baku a quelli turchi di Ceyhan ed Erzerum. È un'area strategica posta tra Mar Nero e Caspio, proiettata sul Vicino e Medio Oriente.
Al voto di sabato è associato un referendum sull'entrata della Georgia nella Nato, sostenuta dagli Usa.

Aspettative e promesse deluse
La presidenza di Saakashvili ha deluso non poche aspettative: specie quelle relative alla lotta contro la corruzione, la povertà (che tocca circa il 50% dei georgiani) e la disoccupazione (al 13-14%). Salari e stipendi medi sono attestati attorno ai 100-150 dollari mensili. L'inflazione è all'11 per cento. Pesa l'aumento (48%) delle tariffe energetiche, provocato anche dalla decisione russa di raddoppiare il costo del gas fornito a Tbilisi (da 110 a 230 dollari ogni mille metri cubi).
Saakashvili ha fatto della lotta contro la povertà il centro della sua campagna elettorale, dopo aver nominato come nuovo premier il banchiere Lado Gurgenidze.
Finora la spesa pubblica (in regime di forti imposizioni fiscali) è stata prevalentemente indirizzata all'ammodernamento e ampliamento delle infrastrutture (stradali, autostradali, ferroviarie) e alla difesa. Si sta creando, infatti, un esercito modernamente addestrato (dagli americani), equipaggiato e armato (30-40 mila uomini, 2000 dei quali sono attualmente impegnati in Iraq). La spesa militare – in parte sostenuta da Washington - ha assorbito il 10-15% del bilancio del 2006 (2,5 miliardi di dollari).
Alti sono stati negli ultimi due anni i tassi di crescita (6,6% nel 2007), grazie alle privatizzazioni e alla deregolamentazione che hanno favorito finora ristretti gruppi finanziario-imprenditoriali.
Nonostante le tante promesse e minacce, Saakashvili, non è riuscito a imporre la sovranità sulle regioni separatiste dell'Abkhazia e dell'Ossetia meridionale, sostenute dalla Russia, che nel 2007, tuttavia, ha completato il ritiro dalle basi militari in Georgia.

L'opposizione disunita
L'opposizione si presenta divisa al voto del 5 gennaio, per la tradizionale litigiosità dei leader politici georgiani, il che gioca a favore di Saakashvili (40 anni). Il suo candidato più in vista è l'imprenditore (del settore vinicolo) Levan Gachechiladze (43 anni). Questi chiede il passaggio al sistema parlamentare e dà la priorità alla lotta contro la corruzione e la povertà. Chiede, inoltre, l'amnistia per i detenuti politici e la riapertura ex-novo di trattative con i dirigenti separatisti sud-ossetini ed abkhazi.
Alle posizioni antirusse di Saakashvili, Gachechiladze contrappone la necessità di un rapporto più realistico e flessibile con Mosca, per superare il blocco dei rapporti economico-commerciali tra i due Paesi, che incide negativamente sui settori vitali (agricoli) dell'export georgiano e sulle forniture energetiche. Tuttavia, anche Gachechiladze è favorevole all'entrata nella Nato e nell'Ue.
A Saakashvili, che intende proseguire il suo programma economico prestando maggiore attenzione ai problemi sociali, i sondaggi assegnano oltre il 50% dei voti al primo turno. In caso contrario si voterà al secondo, il 19 gennaio. Se certa sembra essere la sua vittoria, il consenso plebiscitario del 2004 sarà solo un ricordo.

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