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Reddito pro capite, la Norvegia batte tutti

di Elio Lancieri

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7 Gennaio 2008
La classifica completa del Pil dei 150 Paesi

Le recenti discussioni sorte in merito al piazzamento di Italia e Spagna nella classifica mondiale dei Paesi più ricchi riportano di attualità un vecchio quesito: quale andamento ha lo sviluppo dei maggiori Paesi mondiali? Per rispondere a questa domanda è stata analizzata la dimensione economica dei primi 150 Paesi (con popolazione superiore a un milione di abitanti) dal 2000 al 2008, convertendo in dollari i loro dati sul Prodotto interno lordo (Pil). E per evitare le distorsioni causate dal fluttuare dei cambi – per cui da un anno all'altro il Pil in dollari di un Paese può anche raddoppiare o dimezzarsi, togliendo ogni significato alle comparazioni internazionali – si è adottato il metodo dei "cambi di lungo termine".
Infatti, secondo la dottrina delle parità di potere d'acquisto, dati due Paesi, esiste tra loro un tasso di cambio di equilibrio a lungo termine la cui variazione dipende dalle oscillazioni del rapporto tra prezzi interni ed esteri. Il cambio di equilibrio include anno per anno un aggiustamento per il differenziale d'inflazione. Sarebbe però necessario scegliere un anno-base al quale agganciare la compensazione. Per superare tale arbitrarietà, il metodo del cambio di lungo termine consente di definire sia i valori annuali del cambio, sia la generale posizione di equilibrio a lungo termine.
Per la crescita reale dei Paesi dal 2000 al 2008 e per la popolazione sono stati utilizzati dati e stime del Fmi, tratti dall'ultimo "World Economic Outlook", dell'ottobre 2007. Nel 2008 il Pil mondiale è previsto in 56.777 miliardi di dollari a prezzi correnti e la popolazione in 6.658 milioni, rispetto a 6.028 milioni e 35.960 miliardi nel 2000. Esclusa l'inflazione del dollaro, l'incremento risulta del 3,4% annuo. Con 14.596 miliardi gli Stati Uniti rappresentano il 25,7% del Pil mondiale; valore analogo denuncia la Ue a 27 (14.070 miliardi), ma in un contesto assai disomogeneo e con 497 milioni di abitanti, contro i 306 milioni degli Usa.
Usando il Pil come indicatore della dimensione dei mercati, confrontiamo ora lo sviluppo di due aree con buone prospettive per il nostro export e cioè l'Asia, esclusi Giappone e Cina (tanto grande da costituire un'area a sé), e i 28 Paesi ex-comunisti, compresa la Russia. Il loro Pil, che nel 2000 rappresentava un mercato di 2.581 miliardi di dollari, è ora stimato in 5.021, (+ 61% l'aumento reale). Passando da 2.723 miliardi a 5.068 i 16 Paesi asiatici mostrano invece un aumento del 54% "soltanto". È sorprendente constatare come sia proprio la "vecchia" Europa a nascondere l'area più dinamica del globo dopo la Cina e ciò perché i progressi europei sono diffusi in quasi tutti i Paesi.
Ancor più utile per lo studio dei mercati è il Pil procapite. Esso varia tra un massimo di 51.472 dollari per la Norvegia (che ha spodestato al vertice la Svizzera) e un minimo di 236 $ per la Repubblica democratica del Congo. In totale, 50 Paesi hanno un Pil procapite superiore a 10.000 $, 45 oltre i 2.000 e 55 al di sotto. Il gruppo più ricco comprende 1.367 milioni di abitanti, quello intermedio (che include la Cina) 3.180 $ procapite e 2.653 milioni, quello più povero, con l'India (1.411 $), 2.629 milioni. L'Italia figura al 20° posto con 26.476 dollari, a mezza via tra Gran Bretagna (32.293 $) e Spagna (21.069 $).
Per meglio illustrare l'economia dei Paesi nella tabella sottostante sono stati usati altri parametri: il consumo di energia procapite (in chili annui di petrolio equivalente) e le auto in circolazione, i telefoni fissi, i cellulari e i personal computer ogni 1.000 abitanti. È inoltre stretto il legame inverso tra Pil procapite e la quota dell'agricoltura: 6 Paesi hanno solo l'1% (tra essi Usa, Germania e Gran Bretagna); otto il 2%, tra cui Giappone, Francia e l'Italia (che nel dopoguerra aveva il 40%), tutti con reddito procapite di oltre 25.000 $. La media varia tra il 2% per i primi 25 Paesi e il 33% per gli ultimi 25. All'opposto, poiché la terziarizzazione economica è progredita senza soste, c'è una altissima correlazione tra reddito e percentuale dei servizi: Usa e Francia sono arrivati addirittura al 77%, un record mondiale; la Gran Bretagna è al 73%, l'Italia al 71%, la Germania al 69% e il Giappone al 68%.
I principali indicatori di consumo sono l'energia e le auto. Per l'energia si passa da un massimo di 8.649 chili annui procapite del Canada (per gli Stati Uniti 7.985 kg) a un minimo di 180 kg del Bangladesh. L'Italia è al livello più basso tra i Paesi industrializzati: solo 3.366 kg, rispetto ai 3.706 kg della Spagna e ai 4.126 dell'Irlanda. Le auto variano tra 768 ogni 1.000 abitanti degli Usa e una soltanto per gli ultimi 6 Paesi. L'Italia è al 4° posto (1° in Europa) con 658 auto, davanti a Germania (624) e Giappone (587). Di nuovo stretto è il legame tra questi indicatori e il Pil: la media dei primi 25 Paesi (con un reddito procapite di 36.879 $) è 487 auto e 4.905 kg, quella degli ultimi 25 (reddito procapite 472 $) è 5 auto e 362 kg.
Nei dati sui telefoni, oltre alla consueta relazione con il reddito (si passa da 523 ogni 1.000 abitanti per i primi 25 Paesi a 12 per gli ultimi 25), impressiona la crescita dei cellulari: 54 Paesi sono giunti a oltre 1.000 apparecchi ogni 1.000 abitanti. Poiché i costi continuano a scendere, sembra davvero realizzabile il sogno che l'elettronica possa aiutare i Paesi poveri. Nel Congo, ad esempio, unico Paese al mondo dove c'è meno di una linea fissa ogni 1.000 abitanti (secondo l'Itu, soltanto 0,2), si sta arrivando a 100 cellulari; nel Mozambico, con 4 linee fisse, a 200 cellulari.
Altrettanto notevole è la diffusione dei personal computer, che già ha raggiunto un miliardo di unità! Rispetto ai cellulari, maggiore è la concentrazione a livello di Paesi: da una media di 674/1.000 per i primi 25 Paesi, per i Paesi tra il 51° e il 75° posto si scende già a 117/1.000, mentre vi sono ancora 6 Paesi con solo un personal computer ogni 1.000 abitanti. L'Italia, recuperando il ritardo, sta superando 400/1.000, mentre Usa, Gran Bretagna e Australia sono oltre gli 800. La posizione dei Pvs, in questo caso, è diversa dal solito: se l'Italia, ad esempio, sta arrivando a 40 milioni di automobili (contro 25 in Cina, 20 in Brasile, 11 in India), vi sono 66 milioni di pc in Cina, 34 in Brasile, 32 in India, rispetto ai 26 nostri.
Interessante è anche una nuova statistica della Witsa sulla spesa informatica. Con aumenti annui del 10-40%, essa è arrivata a 98 miliardi di $ per l'Italia (6,2% del Pil), a 198 miliardi per la Gran Bretagna (10,0%) e a 222 per la Cina (5,3%), per non parlare del gigantesco mercato Usa di 1.220 miliardi (8,4%). Poiché ormai si tratta ovunque del 5-10% del Pil, sembra opportuno che gli uffici statistici nazionali aggiungano un quarto settore alla classica suddivisione del Pil. Dopo aver però risolto un difficile problema: le spese informatiche rappresentano un consumo corrente, oppure un investimento per il futuro? E c'è un modo corretto di raggrupparle in un'unica categoria?

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