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I segreti del Liechtenstein svelati da un oscuro travet

di Beda Romano e Riccardo Sorrentino

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28 FEBBRAIO 2008

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Il principio di segretezza, però, non sarà toccato: «Nascondere i redditi è possibile anche attraverso le fondazioni austriachee i trust anglosassoni. L'evasione fiscale non è un fenomeno legato alle fondazioni, né esclusivo del Liechtenstein», è la linea di difesa a Vaduz.
Nulla doveva inoltre sembrare un cedimento. Il principe è stato durissimo con Berlino. «Respingiamo con decisione i metodi usati dal Governo tedesco - ha detto sarebbero totalmente e legalmente inconcepibili in Liechtenstein: qui gli interessi del fisco non possono prevalere sulle regole dello Stato di diritto». E ancora: «Spiare i cittadini è impensabile da noi, soprattutto passando attraverso i confini nazionali».
Il principe ha toccato qui un punto dolente anche in Germania. Il modo in cui le autorità sono entrate in possesso dei tabulati di una banca del Liechtenstein ha scatenato sentimenti contrastanti. In un sondaggio, il 52% degli interpellati ha criticato l'accordo con l'informatore. Il 41% ha approvato l'operazione. È lecito quanto è avvenuto? La stampa è stata critica. Il Financial Times Deutschland, per esempio, ha affermato che lo Stato è «amico dei bassifondi ». La questione etico-politica rischia di essere di difficile soluzione, anche se il ministero delle Finanze a Berlino ha assicurato che il denaro utilizzato dal Bnd è stato «speso bene».
Frank Decker, professore all'Università di Bonn, spiega: «Molte persone sembrano pensare di poter essere anche loro nel mirino. Il giudizio se qualcosa è giusto o sbagliato dipende sempre da quanto si pensi di essere personalmente coinvolti ». L'avvocato berlinese Ferdinand von Schirach invece ha denunciato il Governo in tribunale: «Anche quando il tutto sembra un eccellente accordo, un crimine non può essere commesso. Se così fosse lo Stato sarebbe un criminale alla stregua del bandito di strada».

Lo Steuerskandal ha messo in risalto il peso dell'economia sommersa in Germania
Lo Steuerskandal, come viene chiamato in Germania lo scandalo fiscale, ha messo in evidenza anche il peso dell'economia in nero nel Paese.L'evasione fiscale non è una novità: da tempo i tedeschi sono noti per depositare risparmi in Svizzera o in Lussemburgo. «Purtroppo è diventato uno sport nazionale», spiega Dieter Ondracek, presidente del sindacato che raggruppa i funzionari del fisco (DStG). Da 20 anni fa bella mostra di sé in libreria un bestseller di Franz Konz, un commercialista: 1000 ganz legale Steuertricks, mille trucchi fiscali legali. Secondo il DStG, il Paese evade ogni anno circa 30 miliardi di euro, il 6% del gettito totale che nel 2007 è stato di 495 miliardi.
La vicenda scatenata da Kieber ha assunto rapidamente contorni europei. La Germania ne ha approfittato subito per alzare il tiro: «Vogliamo lanciare una battaglia contro tutti i paradisi fiscali in Europa», ha lanciato Steinbrück. Nei prossimi giorni la signora Merkel incontrerà a Berlino il principe Alberto di Monaco con cui vorrà parlare «chiaramente», ha avvertito il cancelliere. Tutti si sono sentiti nel mirino, tanto che da Vienna il ministro delle Finanze Wilhelm Molterer ha subito sottolineato le differenze legislative tra l'Austria e il Liechtenstein; mentre il presidente dell'Associazione bancaria svizzera Pierre Mirabaud ha detto, riferendosi ai tabulati acquistati dai servizi segreti, che i metodi tedeschi gli hanno ricordato quelli della Gestapo.
Porterà lo Steuerskandal che sta scuotendo la Germania a una riforma dei paradisi fiscali in Europa? La questione è sul tappeto. Il primo ministro del Lussemburgo e presidente dell'Ecofin, Jean-Claude Juncker, ha detto che verrà trattata in una prossima riunione dei ministri finanziari dell'Unione, mentre il segretario generale dell'Ocse,Angel Gurría,ha colto l'occasione per far notare come solo tre Paesi non rispettano le regole comunemente accettate: Andorra, Monaco e appunto il Liechtenstein.
Il Governo di grande coalizione ha intanto deciso di cavalcare la questione, consapevole della rabbia e dello sconcerto che la vicenda ha suscitato in una parte della popolazione in un anno per di più di elezioni regionali. In un'intervista pubblicata oggi dalla Bild am Sonntag, Peer Steinbrück ha proposto a Vaduz un accordo sulla doppia imposizione. «Se non riusciamo a trovare un'intesa dovremmo pensare ad altre misure, europee o tedesche - ha aggiunto - . Sto pensando alla possibilità di rendere meno attraente fare affari con il Liechtenstein».
L'intera vicenda va ben oltrei protagonisti degli ultimi giorni. È rappresentativa per molti versi di un'Europa afflitta da politiche incompatibili tra loro. Da un lato c'èla liberalizzazione totale dei movimenti di capitale, resi ancora più semplici da un'informatica sempre più efficiente, banche sempre più internazionali, un continente sempre più integrato. Dall'altro, i grandi Paesi dell'Unione continuano ad avere, spesso per loro stessa ammissione, un fisco troppo esoso, solo in parte attribuibile a un welfare state generoso e all'invecchiamento della popolazione.
  CONTINUA ...»

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